Camorra, giocavano a calcio con la testa tagliata al boss: il racconto choc del pentito


Da Gomorra a Camorra il passo è brevissimo. La serie tv tanto bistrattata per la patina negativa con cui riveste Napoli, in realtà offre solo una minima parte di quello che avviene nei meandri della criminalità organizzata. Omicidi a manetta, brutalità efferata, macabri rituali che neanche nei film horror. Napoli non è solo questo, ovviamente, è soprattutto altro, ma la camorra è ancora più infima di quella descritta nella creazione di Saviano.

Il Corriere del Mezzogiorno ricorda la faida di camorra che insanguinò Napoli tra il 2004 e il 2005. Il muro di silenzio ed omertà, frantumatosi con il pentimento di uno dei fautori della guerra tra Di Lauro e Amato-Pagano, ha fatto emergere molti particolari inquietanti che per i camorristi “di un certo livello” sono normalità.

Come la morte di Antonio Ruggiero, che fu ucciso e decapitato e la sua testa insanguinata divenne un pallone con cui giocare a calcio. Il boss, Gennaro Notturno, fino a pochi mesi fa uno dei capi della cupola degli scissionisti, se la rideva. Cosa volete che fosse per lui, uno che vanta nel suo curriculum decine di omicidi, quella pratica barbara?

Sedici pagine di verbale per mettere giù il suo confessionale, nomi e cognomi dei killer che hanno ucciso innocenti, soprattutto per ritorsione. Come Gaetano De Pasquale, ucciso il 1 novembre 2004: aveva 26 anni, fu portato dinanzi a Cesare Pagano, capo della rivolta, che lo legò e interrogò per ore, promettendogli migliaia di euro nel caso avesse svelato i piani dei Di Lauro. Gaetano parlò, ma poi fu affogato in una bacinella piena d’acqua e gettato in un pozzo.

Oppure come Salvatore De Magistris, patrigno del killer Biagio Esposto: fu picchiato e poi investito con una motocicletta fino ad essere ucciso. E ancora, come una ragazza, a cui fu bruciato il volto con l’acido muriatico, “solo” perché era legata ai Di Lauro.

La camorra non ha pietà, e nessuna serie tv renderà sufficientemente vera la descrizione della sua disumanità.


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