9 maggio 1978: veniva assassinato Aldo Moro. La sconfitta e la vergogna dello Stato


Era il 9 maggio del 1978 quando, a Roma, fu rinvenuto il corpo di Aldo Moro in una Renault 4 rossa in via Caetani. Fu ucciso dalle Brigate Rosse 55 giorni dopo il suo rapimento. Furono giorni di grande fermento per il Paese. Il gruppo terroristico delle Br annunciò per tempo l’uccisione di Moro, tre giorni prima dell’esecuzione: “Concludiamo la battaglia, eseguendo la sentenza a cui Moro è stato condannato“.

Tre lunghi giorni di angoscia. Nessuno, o quasi, credeva alla possibilità di rivedere Moro vivo. Si disse, all’epoca, che il Vaticano avesse raccolto segretamente una grande cifra di denaro per pagare un eventuale riscatto. Il governo presieduto da Giulio Andreotti non cedette ai terroristi. E così, Moro fu brutalmente ucciso. Il suo cadavere fu ritrovato nel bagagliaio della R4 rossa usata dai brigatisti, a metà strada tra Piazza del Gesù, dove si trovava la sede della DC, e via delle Botteghe Oscure, quartier generale del Pci.

Nonostante attraverso le sue “lettere dal carcere” Moro chiedesse di trattare con i sequestratori, lo Stato non volle mai piegarsi. Il giorno del ritrovamento del cadavere, la famiglia rifiutò i funerali di Stato, e seppellì Aldo Moro in forma privata, a significare lo strappo con le istituzioni. Le Br non furono di fatto “riconosciute”, ma resta la sconfitta (e la vergogna) dello Stato, che non riuscì a scovare e liberare Moro dal covo dei brigatisti. E in questa scia di sangue, si annidano, 40 anni dopo, tesi e teorie più o meno complottiste, che gettano ancora più ombre su una delle pagine più buie della storia italiana.


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