Ucciso l’ex Turris Perinelli, la mamma: “Chi l’ha ucciso è il diavolo. Nulla ha più senso”


Il calcio campano è ancora sotto shock per la morte di Raffaele Perinelli, ucciso con una coltellata a 21 anni. E’ accaduto nella notte dello scorso sabato, a Miano. Perinelli è stato assalito da un venditore ambulante, che lo ha ferito con una coltellata, al culmine di una lite. Il 21enne è morto poco dopo essere stato portato da uno sconosciuto al pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli.

L’omicida, un 31enne incensurato, si è costituito ai carabinieri, confessando tutto. Una settimana prima dell’omicidio, i due avevano avuto un litigio. Perinelli era figlio di un affiliato al clan Lo Russo, ma non aveva seguito le orme paterne: era un calciatore, non aveva mai frequentato ambienti camorristici e sognava un futuro in una grande squadra.

L’occasione più grande avvenne nel 2016, quando passò dal Gragnano alla Turris, in una stagione che, per i corallini, sembrava essere quella della promozione in Lega Pro. Le cose però andarono diversamente, e Perinelli lasciò anzitempo la squadra, sbattendo la porta. Una vita non semplice quella di Raffaele, fatta di tanti sacrifici per coltivare il suo sogno. Un ragazzo perbene, ci tiene a sottolineare la mamma Adelaide Porzio, sebbene qualcuno abbia più volte provato ad abbinare la morte di Perinelli alla camorra.

Voglio giustizia per mio figlio, era un bravo ragazzo“, dice la donna, intervistata da Il Mattino. “Mio figlio amava giocare a calcio e lavorava insieme a me in una ditta di pulizie, chiunque nel quartiere può dirvi che era un angelo“. La mamma di Perinelli spiega poi cos’è successo in quella tragica notte: “Per 7 giorni l’assassino di mio figlio l’ha aspettato con un coltello da cucina. Ha progettato, per 7 giorni, di istigare mio figlio ad insultarlo, facendo si che Raffaele reagisse e lui potesse usare il coltello. Lo ha colpito con un unico fendente al cuore. E’ il diavolo in persona“.

Prosegue: “In un quartiere a rischio ho cresciuto mio figlio: l’ho fatto andare a scuola, si è diplomato, è andato a lavorare. Avevamo un’altra vita dopo la morte di mio marito, lui era buono, chiedete a tutti i suoi compagni di squadra. Ora la mia vita non ha senso: imploro solo i magistrati, nessuna pietà per questa persone che ha dato una sola coltellata al cuore


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