Sanità: a Napoli si muore il doppio di Bolzano, ma arrivano meno fondi


Oggi il mondo celebra la Giornata Mondiale della Salute. Non tutti lo sanno, ma ogni 7 Aprile siamo chiamati a prendere coscienza sul nostro stato di benessere, a discutere sui problemi che ancora oggi ci attanagliano e a riscoprire un termine che non sentiamo spesso: epidemiologia. Parliamo di quella branca dell’igiene che, citando Treccani, “si occupa delle modalità d’insorgenza, di diffusione e di frequenza delle malattie in rapporto alle condizioni dell’organismo, dell’ambiente e della popolazione”. Tutto ciò per evitare che gli stessi si ripresentino alle generazioni future.

Quando si parla di stato di salute in Campania, lo sguardo non può che rivolgersi alla Terra dei Fuochi. Quella striscia di territorio tra Napoli e Caserta (ma che purtroppo da anni sembra allargare il proprio baricentro) infestata da scorie e rifiuti nel sottosuolo. Una situazione che continua a creare problemi ambientali e sanitari per gran parte della popolazione. Un tema che troppi media italiani sembrano aver dimenticato, ma che miete ancora le sue vittime.

Non tutti hanno messo però la testa sotto la sabbia. Esattamente un mese fa, a trattare il tema è stato Antonio Marfella (Presidente di medici per l’ambiente di Napoli), in un bell’articolo sul Fatto Quotidiano. Uno scritto che mette sul tavolo i dati del Ministero della Sanità che, in concomitanza con l’ultimo richiamo dell’UE in merito, mostrano un’Italia divisa in due.

C’è la piccola ed “anziana” Provincia Autonoma di Bolzano, con il più basso tasso di mortalità standardizzato per età. Poi c’è la Campania, la regione più giovane d’Italia e che però deve far i conti con un tasso di mortalità che è quasi il doppio dei sudtirolesi. Che cosa strana da constatare. Napoli è forse ancora l’unica città d’Europa dove le 18enni partoriscono non per errore ma per scelta, ma allo stesso tempo dove si registrano più casi di tumore nei giovani. Lo Stato fornisce meno risorse immaginandoci come una gioventù in salute e poi siamo quelli che ne necessitano di più.

Tra le cause di morte più frequenti vi è sempre il tumore. Nella nostra Regione, la maggiore percentuale di anni di vita persi si registra nelle femmine per il tumore della mammella (23%), del polmone (10%), del fegato e del colon (6%); nei maschi per tumore del polmone (31%) e fegato (13%). Molto diffuse e con un dato superiore al resto d’Italia sono anche l’epatite e il diabete. Quasi tutte malattie che sono legate all’inquinamento del sottosuolo, ma anche a fattori come fumo, obesità e smog. 

Dallo studio si ricava anche un altro dato tristemente significativo. Ad uccidere non è solamente l’inquinamento o il fumo, ma anche le disuguaglianze sociali. Stiamo parlando del rapporto tra istruzione e tasso di mortalità. Si osserva come, da Nord a Sud (ma ciò nel Meridione e in Campania è ancor più marcato), chi ha un titolo di studio inferiore risulta essere più a rischio.

ospedaliChi ha una laurea infatti guadagna mediamente di più e non perde tempo negli ospedaletti sotto casa. Egli può permettersi il lusso della clinica privata, di andare a curarsi a Milano e addirittura scegliere l’estero. Per il ceto medio-basso, poco istruito e con reddito scarso ciò è fantascienza. Lo screening e le visite di prevenzione sono poco conosciute. Il ticket è già un ostacolo e altro non bisogna fare che andare nelle strutture pubbliche. Luoghi dove solitamente i medici devono scontrarsi con la malagestio ed impegnarsi il doppio per assistere i pazienti. Non sempre riuscendoci nel migliore dei modi.

Insomma quello che fuoriesce non è un bel risultato. Ciò però non deve assolutamente allarmarci smisuratamente o farci andare dallo psicologo. Fondamentale è capire come il problema non sia solo nell’aria o nel sottosuolo. Esso non parte e finisce a Caivano o a Nola o a Taverna del Re. La salute nostra e del territorio riguarda tutti noi. Raccontarlo ancora oggi è triste ma doveroso. Prenderne coscienza e cercare di migliorare le cose lo è ancor di più.


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