Rivelati nuovi audio di Borsellino: “La sera possono ammazzarmi”

Giovanni Falcone insieme a Paolo Borsellino ed Antonino Caponnetto


Il 19 luglio saranno 27 anni dalla strage di via D’Amelio, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. Per l’occasione sono stati pubblicati alcuni audio rimasti segreti per decenni. L’8 maggio del 1984, Borsellino aveva informato il Parlamento delle difficoltà pratiche che stava incontrando il pool antimafia alla vigilia del maxi-processo. Solo oggi la commissione anti-mafia ha reso note tali dichiarazioni pubblicandone le trascrizioni.

La prima difficoltà consisteva nella mole di documenti: faldoni immensi che occupavano da soli intere stanze, visto il numero di centinaia di imputati. Tale impedimento doveva essere risolto con il rivoluzionario arrivo di un computer, che per il tempo era una tecnologia estrema.

“Purtroppo – spiegava, però, il magistrato – non sarà operativo se non tra qualche mese perché sembra che i problemi della sua installazione siano estremamente gravi, anche se non si riesce a capire perché”. Oltre al computer era anche il personale a mancare: “Il giudice – spiegava – che è costretto a lavorare, come nel processo attualmente in corso, per 16 o 18 ore al giorno rimane, per buona parte della giornata, solo con se stesso, con tutto l’aggravio di lavoro che ne deriva”.

La denuncia più grave di Borsellino, però, era a riguardo della scorta: “Buona parte di noi non può essere accompagnata in ufficio di pomeriggio da macchine blindate, come avviene la mattina, perché il pomeriggio è disponibile solo una blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi. Pertanto io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 21 o alle 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà, però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere poi, libero di essere ucciso la sera.”

Tali trascrizioni mostrano come un episodio fondamentale per la nostra storia come il maxi-processo si sia realizzato solo grazie all’impegno impossibile di pochi uomini, ma c’è altro. Fra le righe si nota come lo Stato, al tempo, non facesse nulla per aiutare il pool antimafia, anzi. Un disinteresse che porterà alla tragedia, quando i magistrati si troveranno soli, in balia dell’odio e della vendetta.


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