Antonio Ebreo, il medico di Pompei che aiuta i migranti e salva vite in Africa


In tempi come questi, in cui il decreto sicurezza bis fa discutere tanto e mette un freno all’accoglienza dei migranti nel nostro Paese, un esempio come quello di Antonio Ebreo è quantomai necessario. Questo chirurgo di Pompei, che già in passato era conosciuto per il suo impegno ad assistere personalmente i profughi in mare, due volte all’anno lascia tutto per andare in Africa e salvare vite umane.

A raccontare questa incredibile storia è un editoriale del Corriere della Sera a firma di Dacia Maraini. Una storia, questa, che si svolge in un ospedale del Burundi, chiamato Madre Maria della divina Provvidenza e gestito da dalle suore di Bene Mariya. È qui che Antonio Ebreo va a operare due volte l’anno per due o tre mesi, lasciando tutte le comodità della sua casa per affrontare situazioni estremamente gravi.

Ci troviamo in una delle aree più densamente popolate del pianeta, con una presenza preponderante di popolazione giovanile, a causa della vita media brevissima“, spiega il chirurgo. I malati che visita sono quindi tanti, perlopiù in stato di grave malnutrizione, affetti da malattie da noi ormai scomparse. Ed è impressionante il numero di bambini ricoverati.

Ogni giorno nel reparto di pediatria sono ricoverati dagli 80 ai 120 bambini con tutte le patologie del mondo“. Che però, racconta ancora il dott. Ebreo, “hanno una grande pazienza e una grande voglia di collaborare“. Addirittura spiega che, non appena si comunica il suo prossimo arrivo, la notizia viene diffusa tramite la parrocchia e la radio locale.

A questo punto, com’è lecito immaginare, all’ospedale arrivano malati con le situazioni cliniche le più disparate. Il che, stando alle parole del chirurgo, rende ancora più difficile dover dire “Non c’è nulla da fare”. Le malattie con cui Antonio Ebreo ha a che fare sono quelle tipiche dei Paesi sottosviluppati: elevatissima è l’incidenza di malaria, che solo nel 2016 ha provocato 3790 morti.

Il pensiero delle vittime causate dalle infezioni e dalla malnutrizione basta a far rabbrividire. “Ho visto letteralmente morire di fame tanti bambini e ho dovuto confrontarmi con malattie che si credevano scomparse per sempre. Mi capita di incontrare bambini che non hanno mai visto un uomo bianco e hanno paura, come da noi nel passato si invocava l’uomo nero per spaventare i piccoli“.

Non si può non ricavare un monito prezioso da queste ultime parole del dottor Ebreo. La paura istintiva del diverso riguarda tutti noi, e non va alimentata. Lo sa bene lui, che solo pochi anni fa si è imbarcato su una nave militare insieme alla Croce Rossa, allo scopo di salvare i migranti al largo delle coste libiche.

Quella di Antonio Ebreo è un’esperienza di vita che vale più di tanti poemi epici. Se siamo alla ricerca di un eroe non dobbiamo far altro che guardare alle persone come lui, che operano nel silenzio e mostrano un’immensa forza d’animo. Un grande orgoglio per la città di Pompei e per il nostro Paese.


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