Da Salvini a Lamorgese: un Ministro dell’Interno per l’integrazione dei migranti


Il ministero dell’Interno cambia volto. Da un uomo del Nord, la poltrona occupata da Matteo Salvini passa ora a una donna del Sud. Si tratta di Luciana Lamorgese nata a Potenza 66 anni fa.

Avvocato, laureata in Giurisprudenza con lode (Salvini abbandonò la laurea in Storia a 5 esami dalla conclusione), la Lamorgese è quella che si definisce un ‘tecnico’, cioè slegata dai partiti politici.

Prima donna a ottenere l’incarico di prefetto di Milano, inizia la sua carriera proprio nell’amministrazione dell’Interno nel marzo del 1979. Nel 1989 è viceprefetto ispettore e nel 2010 diventa prefetto di Venezia. Nel suo ricco curriculum vanta anche il ruolo di direttore centrale per le Risorse umane presso il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali. Nel 2013 viene nominata capo di Gabinetto del ministro Angelino Alfano. Con il nuovo governo, nel 2017, viene spostata a Milano per assumere il ruolo di prefetto. Successivamente entra nel Consiglio di Stato.

Nella sua esperienza nel capoluogo lombardo significative sono alcune sue dichiarazioni a favore della diversità. Un elemento di totale discontinuità rispetto il suo predecessore. Nel 2017 infatti la Lamorgese inviò una lettera ai sindaci per bocciare le ordinanze anti profughi che imponevano sanzioni e obblighi fino a 5mila euro ai cittadini o enti che avessero intenzione di ospitare i richiedenti asilo.

La Lamorgese sottolineava nella sua lettera come il potere di ordinanza dei sindaci è “volto a fronteggiare emergenze socio sanitarie e di ordine pubblico”, caso che secondo il prefetto non si verifica nell’accoglienza dei migranti che non “mette in pericolo la sicurezza e salute pubblica, ma si inserisce nella regolamentazione di una materia di esclusiva competenza statale”.    

In un’intervista a chi le chiedeva come fronteggiare il problema degli sbarchi, rispondeva così:

«La questione chiave è superare l’idea della semplice sistemazione, bisogna pensare al percorso di integrazione. L’immigrazione non comporta di per sé un rischio, la mancata integrazione invece sì».

Un modo di pensare totalmente diverso dal suo predecessore.


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