Colloqui di lavoro, attenzione alle domande illegali: quali sono e come difendersi


L’argomento “colloqui di lavoro” è indubbiamente tra i più spinosi del momento. Codice di abbigliamento, domande trappola, comunicazione non verbale: sono tanti gli aspetti da tenere in conto in fase di selezione. Tuttavia, un punto che molti di noi potrebbero ancora ignorare è quello delle domande illegali che possono essere poste in sede di colloquio. Vediamo insieme quali sono e perché non sono ammissibili per legge.

La prima che potremmo citare tra le domande illegali è quella “classica”, la domanda che migliaia di donne (e anche, perché no, molti uomini) si sentono rivolgere da sempre. La domanda che ti fa chiedere a cosa abbiano portato anni e anni di lotte per l’emancipazione femminile. Mi riferisco a queste due semplici parole: Sei sposato/a?

Questa domanda apparentemente innocente può nascondere un subdolo tentativo di discriminazione. Può presentarsi in diverse forme, tra cui “Sei fidanzato/a?“, “Hai intenzione di sposarti o di avere figli?“. È importante tenere a mente, però, che tutte queste forme sono di fatto illegali.

Stando all’articolo 27 del decreto legislativo 198 del 2006, “è vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro“. Per quanto riguarda le altre domande sopraelencate, basta rifarci al decreto legislativo 276 del 2003, che vieta qualsiasi discriminazione in base al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza.

Un’altra sfera che non è lecito invadere è quella della condizione psichica del candidato. Potrebbe capitarvi che vi pongano domande del tipo: Hai mai sofferto o soffri di depressione?. Ebbene, anche questa va dritta nell’elenco delle domande illegali ai colloqui. A questo proposito ci viene ancora in aiuto il decreto legislativo 276 del 2003, che all’articolo 10 fa divieto di discriminare i candidati a partire dallo stato di salute.

Non è raro, inoltre, che in sede di colloquio vengano richieste informazioni a proposito dell’affiliazione religiosa o politica del concorrente. Di nuovo, l’art. 10 del Dlgs 276 del 2003 proibisce anche di reperire informazioni sulle convinzioni personali, sulla affiliazione sindacale o politica e sul credo religioso del candidato. Anche l’Articolo 8 dello Statuto dei lavoratori vieta di effettuare indagini in questo senso.

Infine, lo stesso vale per qualsiasi domanda che abbia a che vedere con la professione precedente del candidato, o con eventuali controversie venutesi a creare con il datore di lavoro precedente. Potrebbe sembrare che informazioni del genere siano attinenti alla nostra sfera professionale, ma in realtà non sono affatto utili al fine di determinare le nostre reali competenze.

È bene tenere a mente che reperire informazioni di questo genere è vietato anche nel caso in cui avvenga con il nostro consenso. Il modo migliore per reagire di fronte a domande illegali di questo genere, dunque, è rifiutarsi educatamente di rispondere, ribadendo la propria disponibilità a fornire qualsiasi informazione riguardante la propria vita professionale.


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