Il caso della Saraceni: ex brigatista che percepisce il reddito di cittadinanza


Il reddito di cittadinanza può essere percepito anche da una ex brigatista: è questo il caso di Federica Saraceni.

Il sussidio infatti può essere richiesto da tutti quelli che rispettano determinati requisiti ma a volte può capitare che anche una persona agli arresti domiciliari, condannata per reati gravi, ne faccia richiesta. E che questa richiesta venga accettata.

LA STORIA – La donna, condannata a 21 anni e 6 mesi per l’omicidio del giuslavorista Massimo D’Antona, sta scontando la pena dal 2009 agli arresti domiciliari. Maestra d’asilo, in passato decide di aderire alle Nuove Brigate Rosse. Durante il processo le fu contestato il reato di partecipazione a banda armata e concorso in omicidio per l’assassinio di D’Antona avvenuto a Roma il 20 maggio del 1999. Oggi, a 49 anni e con due figli, percepirebbe un assegno di circa 623 euro al mese grazie al reddito di cittadinanza. Non lavorando, la Saraceni avrebbe un Isee nella norma e avrebbe accesso al sussidio. Nonostante il padre, Luigi Saraceni, sia un ex presidente della quinta sezione penale del Tribunale di Roma e deputato con i Democratici di Sinistra e i Verdi.

INTERROGAZIONE PARLAMENTARE – Sdegno trasversale della politica, da sinistra a destra, contro una norma che ha visto non passare diversi emendamenti che chiedevano misure più restrittive per chi ha subito condanne. Per la Lega si tratta di un: “Insulto intollerabile per i parenti della vittima e per tutte le persone perbene”. Mentre la democratica Marianna Madia ha annunciato di aver presentato un’interrogazione parlamentare: “Questo caso rende chiaro che la norma è sbagliata e su questo punto bisogna intervenire”.

UNA NORMA DA MIGLIORARE – Già nei mesi scorsi erano emerse delle falle. Dal Caf della Cisl di Ostia erano giunte richieste da almeno tre nuclei della famiglia Spada, che avevano fissato un appuntamento per compilare l’Isee, il documento attraverso cui è possibile chiedere di accedere al reddito di cittadinanza. Una notizia che aveva allarmato Luigi Di Maio che aveva assicurato come nessun membro del clan potesse ricevere quel sussidio.

Il reddito di cittadinanza è infatti revocato solo in caso di condanna definitiva per i reati di stampo terroristico e mafioso. La richiesta di sussidio della Saraceni sarebbe legittima perché presentata dieci anni dopo la condanna. La legge prevede che non sia dato il reddito al richiedente che: “non deve poi essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, nonché esser stato condannato in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per i delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo”.

Nel 2008 la seconda Corte d’assise d’Appello di Roma condannò la Saraceni in via definitiva a 21 anni e sei mesi di reclusione per l’omicidio, confermati poi in Cassazione. Giusto 11 anni fa.


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