Napoli, il mistero del tesoro dei negromanti: sepolto in una grotta e mai ritrovato


Non ci è nato Gesù – come nella famosa grotta di Betlemme – ma anche la grotta degli Sportiglioni, tra Poggioreale e Capodichino, conserva da tempo immemore un fascino misterioso, a metà (come spesso accade a Napoli) tra il sacro e il profano. Soprattutto, sembrerebbe custodire un tesoro cupo e magico, mai ritrovato: il tesoro dei negromanti.

Scavare nella grotta degli Sportiglioni (prima detta Vespertilia e poi Vespertilione) è un po’ come scavare nella storia della città, sempre vittima di conquiste straniere. Il primo a sfruttarla per soggiogare il capoluogo vesuviano fu, infatti, addirittura Belisario, generale dell’imperatore romano Giustiniano. Durante la battaglia contro i Goti, nel 536 d. C., il valoroso condottiero nascose il suo reggimento nelle profondità della cava, tagliando i canali dell’acquedotto della Bolla, che partivano da Capodichino. Uno stratagemma che usò molto tempo dopo, nel 1442, anche Diomede Carafa, comandante dell’esercito di Alfonso I d’Aragona.

Ma è nel 1528 che la storia della grotta degli Sportiglioni e del suo misterioso tesoro dei negromanti comincia ad ammantarsi di cupa leggenda. In quell’anno, infatti, il generale francese Odet de Foix, conte di Lautrec, cinse d’assedio la capitale del viceregno spagnolo; e anch’egli provò a farla morire letteralmente di sete (da grande esteta qual era si dice che “non volle batterla col cannone per non guastarla“) distruggendo l’acquedotto della Bolla.

Quella volta, però, le acque esondarano e – anche per la calura estiva – si imputridirono, causando una violenta epidemia, che decimò le truppe francesi: lo stesso Odet de Foix morì in agosto. Il suo corpo fu gettato in una cavità che da lui prese il nome, ovvero il colle di Lotrecco.

Nella nefasta grotta degli Sportiglioni, però, le truppe francesi portarono con sé anche tutto ciò che avevano razziato fino a quel momento: ori, gemme, argento e preziosi di ogni tipo. Un vero e proprio tesoro, rimasto per sempre sepolto assieme a loro. Già, perché più di un secolo dopo, nel 1656, la cava divenne luogo di sepoltura per circa cinquantamila appestati, letteralmente murati assieme a tutto il tesoro, comunque fino ad allora mai recuperato. Proprio per la presenza di tutte quelle sventurate anime, ben presto la grotta divenne, però, luogo prediletto dei negromanti della città. Per questo motivo oggi si parla ancora del tesoro dei negromanti, che però nemmeno loro sono mai riusciti a  far “resuscitare”.

Fonti:
– Misteri, segreti e storie insolite di Napoli. Di Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello


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