Varianti Covid, l’ISS chiarisce: “Non è vero che colpiscono di più i bambini”


Le varianti del covid continuano a preoccupare la popolazione, tanto da spingere l’Iss, Istituto Superiore di Sanità, a diffondere alcuni chiarimenti riguardanti il rischio di trasmissibilità nei bambini.

Varianti covid, l’Iss risponde ai dubbi sulla trasmissibilità nei bambini

Nel corso della conferenza del Ministero della Salute, in occasione della presentazione dell’ultimo monitoraggio covid, Gianni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione, aveva evidenziato la pericolosità dei nuovi ceppi del virus. Questi ultimi, infatti, hanno fatto il loro ingresso anche in Italia.

In particolare, per quanto riguarda la variante inglese, il professor Rezza aveva sottolineato: “Bisogna intervenire tempestivamente quando se ne verifica la circolazione, non solo per la maggior contagiosità, ma anche perché sembra possa infettare di più, rispetto i ceppi circolanti, la popolazione pediatrica. Serve grande attenzione, bisogna agire velocemente.”

La probabilità legata ad una maggior contagiosità nei bambini ha spinto le autorità sanitarie a verificare se si trattasse di una sola ipotesi o, al contrario, di un’evidenza scientifica. A quanto pare gli studi incentrati sul pericolo di infezione nei bambini hanno dimostrato una situazione del tutto analoga a quella rilevata nella popolazione adulta.

L’ISS ha, infatti, ha risposto alla domanda ‘le varianti colpiscono in maniera particolare i bambini?’ nel modo seguente: “Fino a questo momento le varianti più preoccupanti non sembrano causare sintomi più gravi in nessuna fascia di età. La malattia si presenta con le stesse caratteristiche e i sintomi sono gli stessi di tutte le altre varianti del virus.”

“In termini di trasmissibilità la variante inglese manifesta un aumento per tutte le fasce di età, compresi i bambini. Ci sono ancora molti studi in corso, ma al momento non sembra che la variante inglese abbia come target specifico i bambini, non li infetta in maniera particolare rispetto agli altri. Per quanto riguarda le altre varianti i dati non sono ancora sufficienti a formulare ipotesi.”

Dunque, la variante inglese risulterebbe sì più contagiosa, del ceppo finora predominante, ma per tutte le fasce d’età, non solo per i bambini.


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