Tatuaggi, il TG1 a Napoli: dai camorristi ai giovani d’oggi, come sono diventati moda


Ieri sera è andato in onda Tattoo, lo speciale del TG1 dedicato ai tatuaggi condotto da Enzo Miglino. Un viaggio attraverso una pratica cui si sono sottoposti 7 milioni di italiani, il 13% della popolazione, e che nel corso dei decenni ha assunto significati diversi.

Se presso il Santuario di Loreto fino alla metà degli anni ’50 esistevano i frati marcatori, ossia coloro che tatuavano ai pellegrini i simboli del luogo sacro che avevano visitato, nel resto d’Italia la pratica era in passato spesso associata a criminali e delinquenti. Nei decenni scorsi era comune infatti farsi tatuare in carcere con materiale di fortuna: lamette, penne, il nero abbrustolito rimasto attaccato alle pentole.

Per spiegare meglio il rapporto che esisteva (e continua ad esistere, per certi versi) tra tatuaggi e malavita, Enzo Miglino si è recato a Napoli ed ha intervistato diversi ex detenuti, i quali hanno trascorso un periodo in prigione ormai diversi or sono. L’asso di spade o di bastoni, il nome della persona amata, i ritratti di santi o armi erano i soggetti più in voga all’epoca, segni che avevano lo scopo preciso di dimostrare l’appartenenza a un gruppo e la permanenza in prigione.

I tatuaggi: oggi sono una moda

Con il tempo il tatuaggio è diventato una moda, così ovunque come a Napoli le persone hanno cominciato a decorare il proprio corpo per motivi puramente estetici, almeno nella maggior parte dei casi. Ovviamente nella quasi totalità dei casi il tatuaggio ha un significato preciso, per cui ancora oggi determinati disegni indicano l’appartenenza a gruppi criminali. C’è anche chi si tatua alcuni simboli che in teoria potrebbero suggerire il far parte di un clan, pur non avendo a che fare con la malavita.

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