Covid, nuovo studio rivela: parlando la distanza di un metro non basta, il virus si diffonde negli ambienti chiusi


Il covid potrebbe diffondersi a distanze anche maggiori di un metro, un metro e mezzo. Quello che è sembrato fino ad ora essere un modo efficace per non contagiarsi, potrebbe rivelarsi falso. La distanza di un metro che abbiamo imparato a osservare mentre gli altri parlano o seduti distanziati al ristorante, potrebbe infatti essere insufficiente.

COVID, STUDIO RIVELA: PARLANDO LA DISTANZA DI UN METRO NON BASTA

A dirlo è uno studio italiano che per la parte sperimentale ha visto impegnati Arpa e Università di Torino e per la parte teorica e modellistica, l’Università di Cassino e la Queensland University of Tecnology. Una ricerca pubblicata anche sul prestigioso Journal of Hazardous Materials. Il virus secondo i ricercatori, può essere trasmesso per via aerea in ambienti chiusi non solo tramite le goccioline respiratorie di più grandi dimensioni quindi la distanza di un metro sembra essere insufficiente. Come si legge nello studio, parlare amplifica la possibilità di contagio rispetto al semplice respirare:

Gli esperimenti condotti, oltre a stabilire che il virus SARS-CoV-2 si trasmette tramite aerosol ben oltre le distanze a lungo ritenute “di sicurezza” (1-1.5 m), hanno confermato anche l’influenza esercitata dalla tipologia di attività respiratoria rispetto all’emissione di aerosol virale e alla conseguente diffusione nell’ambiente: come già anticipato da studi precedenti, le emissioni durante la fonazione (la produzione di suoni o rumori per mezzo degli organi vocali) risultano essere di un ordine di grandezza superiori rispetto alla semplice attività di respirazione“.

Ancora da capire qual è la distanza ritenuta di sicurezza. Un altro studio parlava addirittura di 6 metri.

I risultati sperimentali forniti da Arpa Piemonte hanno, inoltre, validato un nuovo approccio teorico predittivo finalizzato a calcolare modellisticamente la concentrazione del virus in un ambiente indoor partendo dalle emissioni delle persone infette e dalle caratteristiche di ventilazione dell’ambiente. Sulla base di tale strumento modellistico è possibile costruire politiche coerenti nella gestione degli ambienti interni e nella determinazione di misure di controllo per ridurre il rischio di infezione (ad esempio calcolando la massima occupazione degli ambienti indoor e la durata massima dell’occupazione)“.

Come spiegato dal Direttore del Laboratorio di Virologia Molecolare dell’Università di Torino, professor David Lembo:

Possiamo ora affermare che il virus può essere trasmesso per via aerea in ambienti chiusi e non solo attraverso le droplets. Un successo della ricerca italiana che permetterà di applicare i metodi sviluppati anche allo studio degli altri virus respiratori noti e a quelli che si potrebbero presentare in futuro”.


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