Negozi che chiudono, Campania la peggiore: 6mila sono nel 2022, due ogni ora


Negozi chiusi in Campania. Il 2022 è stato un anno terribile per il commercio, soprattutto in Campania, dove hanno chiuso quasi seimila attività.

Negozi chiusi in Campania: 6mila solo nel 2022

Complici prima il Covid, poi il caro energia e il mercato online. Secondo le stime elaborate da Confesercenti sui dati resi disponibili dalle fonti camerali, nel 2022 nel nostro Paese sono nate solo 22.608 nuove attività, il 20,3% in meno del 2021. Oltre 43mila imprese hanno abbassato per sempre la saracinesca, per una media di oltre due negozi chiusi ogni ora.

A registrare la perdita più grave è la Campania, con un saldo negativo di – 2.707 negozi; seguono, il Lazio (- 2.215) e la Sicilia (- 2.142). Perdite importanti anche in Lombardia (- 2.123), Piemonte (- 1.683), Toscana (- 1.479), ed Emilia-Romagna (- 1.253).

A Napoli appena 23 “botteghe storiche”, mentre a Milano sono 555

Il quartiere Vomero – afferma Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari – nell’ultima metà del secolo scorso si era trasformato in una delle aree commercialmente più attive del capoluogo partenopeo se non dell’intera regione Campania. Comparto, quello del commercio, che peraltro ha costituito da allora il principale se non l’unico settore produttivo del’area con conseguenti ricadute positive anche sul piano occupazionale. Ma, da alcuni anni a questa parte, purtroppo, tale settore ha fatto registrare segni di forte crisi. Il numero di attività commerciali, molte delle quali storiche, che, dopo essere passate di generazione in generazione, hanno chiuso o si sono trasferite, è lievitato col passare del tempo. Mentre, al loro posto, sono spuntate come funghi attività legate ai pubblici esercizi, principalmente bar, ristoranti e paninoteche”.

Analizzando più in generale i mutamenti che stanno avvenendo nel terziario commerciale al Vomero – puntualizza Capodanno – occorre anche considerare che il Vomero era, ma attualmente non lo è più, un fondamentale punto di riferimento commerciale anche per chi veniva da altre zone della Città e dai Comuni della Provincia. In verità, il quartiere collinare, dall’inizio di questo secolo, ha dovuto fare i conti con l’aggravamento dei problemi legati alla viabilità, determinati, tra l’altro, dall’adozione di alcuni provvedimenti di pedonalizzazione, tra i quali quelli di alcuni tratti di via Scarlatti e di via Luca Giordano, non accompagnati dalla contestuale creazione di infrastrutture, come parcheggi pubblici nelle aree limitrofe. Tutto ciò, in uno alle ben note carenze nel sistema del trasporto pubblico cittadino, per ultimo la chiusura della funicolare di Chiaia, avvenuta oltre quattro mesi addietro, che trasportava ogni giorno quindicimila persone, e i frequenti disservizi causati dai fermi del metrò collinare, ha notevolmente contribuito ad allontanare i potenziali consumatori che un tempo raggiungevano il quartiere anche con la propria autovettura e che ora devono fare i conti con le tariffe esose dei pochi parcheggi privati, dal momento che gl’insufficienti stalli delle strisce blu, che peraltro hanno ridotto l’ampiezza delle già striminzite carreggiate, sono per lo più occupati dalle auto dei residenti”.

La denuncia

A questo punto – sottolinea Capodanno – al Vomero si sono registrate situazioni che lo accomunano peraltro ad altri quartieri cittadini. Non c’è più l’artigianato, scomparse anche molte attività culturali e dello spettacolo, con la chiusura di alcune importanti librerie e di diverse sale cinematografiche. Infine, sul piano turistico, non si è mai data pratica attuazione a iniziative tese al rilancio di siti che, sulla carta, rappresenterebbero dei notevoli attrattori, come San Martino e la villa Floridiana, con gli annessi musei “.

Eppure – conclude Capodanno – basterebbe poco per cercare di arginare questa vera e propria ecatombe di esercizi commerciali al Vomero, molti dei quali storici. Per esemplificare, seppure al momento è rimasta ancora sulla carta, nel 2014 fu varata una legge regionale, la n. 11, per la valorizzazione degli esercizi e le botteghe storiche della Campania che avrebbe dovuto, seppure con notevole ritardo, allineare la nostra regione alle altre, dove tale normativa è presente da lustri. Ma, dall’albo aggiornato al 22 novembre 2021, pubblicato sul sito del Comune di Napoli, risulta che sono state censite solo 23 attività che possono usufruire dei benefici, anche economici, di detta legge, ubicate nel territorio comunale, e di esse appena quattro ricadono nel territorio del Vomero: due pizzerie, un chioschetto di fiori e una vetreria. Un dato che, a distanza di quasi dieci anni dall’entrata in vigore della legge appare fortemente sottodimensionato e che lascia perplessi anche specialmente se confrontato con quello di altre città, come Milano, dove sull’apposito sito dedicato alle botteghe storiche della Città, è reperibile un elenco che fino al 2020 comprende ben 555 attività commerciali “.


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