Sindaca: “La famiglia Polese non gestirà più il Castello”. Che fine farà La Sonrisa: 3 ipotesi


Ancora incerto il futuro de La Sonrisa, il celebre ristorante conosciuto con il nome di Castello delle Cerimonie interessato da un provvedimento di confisca: l’unica cosa certa, a detta della sindaca di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale, è che la famiglia Polese non gestirà più la struttura. Si aprono, così, tre possibili scenari sul futuro del regno che don Antonio ha lasciato nelle mani di donna Imma e Matteo.

Confisca Castello Cerimonie: “La famiglia Polese non ci sarà più”

“La famiglia Polese non potrà più gestire la struttura” – ha dichiarato la sindaca Abagnale, come reso noto da Il Corriere del Mezzogiorno. La struttura, a seguito della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, passerà, infatti, nelle mani del Comune di Sant’Antonio Abate, divenendone parte del patrimonio immobiliare territoriale.

Il tutto a seguito di una vicenda giudiziaria che ha coinvolto la struttura nel 2011 quando la magistratura avviò le indagini su una serie di abusi edilizi che, a partire dagli anni ’80, avrebbero interessato tutta l’area, di oltre 40 mila metri quadri. Una sentenza divenuta definitiva nei giorni scorsi e che ha spinto i Polese a presentare ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo.

Tutti gli eventi già programmati dovrebbero essere comunque consentiti ma su quelli futuri, non ancora prenotati, cade un velo di incertezza. Ancora una volta la sindaca ha fornito un quadro chiaro di ciò che potrebbe succedere di qui a breve e nessuna delle tre opzioni sembra del tutto positiva per i cittadini.

“Sono al vaglio le ipotesi di abbattimento, rigenerazione urbana ad indirizzo sociale o l’opportunità di una gestione esterna con interesse pubblico” – ha chiarito. Dunque nelle peggiori delle ipotesi il Castello potrebbe essere demolito o trasformato in una struttura utile alla collettività (come un asilo o un centro sociale). L’alternativa è mantenere la sua natura ricettiva ma senza i Polese: ipotesi che non sembra andare giù nemmeno ai lavoratori che intendono proseguire il loro impegno nel ricordo di don Antonio.

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