Processo Maradona, l’ex compagna Veronica Ojeda: “Puzzava, mi chiedeva di portarlo via. Era sequestrato”


Il processo sulla morte di Diego Armando Maradona, leggenda del calcio argentino, continua a scuotere l’opinione pubblica con testimonianze che gettano luce sugli ultimi giorni di vita del “Pibe de Oro”. Nella giornata di ieri, presso il tribunale di San Isidro, Veronica Ojeda, ex compagna di Maradona e madre del figlio Diego Fernando, ha preso la parola in aula, offrendo un racconto drammatico e commosso che ha lasciato il segno.

“Diego Mi Chiedeva Aiuto, Era Sequestrato”: Le Strazianti Dichiarazioni di Veronica Ojeda al Processo Maradona

Con la voce spezzata dal pianto, Ojeda ha puntato il dito contro l’entourage medico che seguiva l’ex campione, accusandolo di averlo praticamente “sequestrato” nelle settimane precedenti la sua morte, avvenuta il 25 novembre 2020.

“Ogni volta che lo vedevo, Diego mi chiedeva aiuto. Mi diceva ‘Portami via’, ma io non sapevo cosa fare. Aveva paura di tutto, era come prigioniero”, ha dichiarato la donna, visibilmente provata, davanti ai giudici. Le sue parole dipingono un quadro angosciante: un Maradona fragile, isolato e abbandonato a se stesso, nonostante le promesse di cure adeguate.

Secondo la testimonianza, l’ultima volta che Ojeda ha visto Diego vivo è stata due giorni prima del tragico evento, nella residenza privata di Tigre dove era in convalescenza dopo un intervento neurochirurgico per un ematoma alla testa.

“L’ho trovato gonfio, sfigurato, con la schiuma alla bocca. Gli ho detto di farsi una doccia, di radersi, perché non poteva stare così. Puzzava, non era in buone condizioni”, ha ricordato, sottolineando il degrado fisico e psicologico in cui versava il campione.

Ojeda ha accusato in particolare il neurochirurgo Leopoldo Luque e il suo staff, imputati nel processo, di aver deciso il ricovero domiciliare garantendo un’assistenza pari a quella ospedaliera, promessa che, a suo dire, non è mai stata mantenuta.

Il racconto ha raggiunto il culmine emotivo quando l’ex compagna ha rievocato il momento in cui ha appreso della morte di Maradona.

“Ero in macchina con Dieguito, nostro figlio, quando l’ho sentito alla radio. Un giornalista mi aveva chiamato poco prima, dicendomi di correre subito a Tigre. Non potevo crederci”, ha detto, tra le lacrime. Quelle ore di incertezza e dolore restano impresse nella sua memoria come un incubo.

Le accuse di Veronica Ojeda si aggiungono a un coro di testimonianze che, nel corso delle udienze, hanno dipinto un’immagine inquietante dell’ultimo periodo di vita di Maradona.

La donna ha sottolineato come Diego, nonostante la sua fragilità, continuasse a esprimere il desiderio di essere salvato da una situazione che lo opprimeva. “Quando me ne andavo, mi implorava di non lasciarlo solo. Sapevo che qualcosa non andava, ma non avevo il potere di cambiarlo”, ha aggiunto.

Il processo, che vede imputati otto membri dello staff medico per presunta negligenza e omicidio colposo, continua a dividere l’Argentina tra chi cerca giustizia per l’idolo nazionale e chi difende l’operato dei sanitari.

Le dichiarazioni di Ojeda, rese in quasi quattro ore di testimonianza (con un seguito previsto per giovedì), rappresentano un tassello cruciale per chiarire le circostanze della morte di Maradona, deceduto a 60 anni per una crisi cardiorespiratoria aggravata da un edema polmonare.

Mentre il tribunale di San Isidro prosegue le sue indagini, le parole di Veronica Ojeda risuonano come un grido di dolore e un’accusa diretta: Diego Armando Maradona, secondo la sua ex compagna, non ha ricevuto l’aiuto di cui aveva disperatamente bisogno. Resta ora ai giudici il compito di stabilire la verità, in un caso che continua a tenere il mondo con il fiato sospeso.


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