Omicidi Thiago e Giulia Tramontano, la difesa: “Non fu crudeltà, voleva solo interrompere la gravidanza”
Giu 23, 2025 - Redazione Vesuviolive
Mercoledì 25 giugno si terrà un’importante udienza del processo d’appello per l’omicidio di Giulia Tramontano e del figlio che portava in grembo, Thiago. L’imputato, Alessandro Impagnatiello, ex barman di 32 anni, è accusato di aver ucciso la compagna lo scorso 27 maggio 2023 con 37 coltellate.
Nel ricorso presentato dalla difesa, guidata dall’avvocata Giulia Geradini, si chiede di escludere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, e di riconoscere all’imputato le attenuanti generiche.
Secondo la linea difensiva, Impagnatiello non sarebbe stato spinto da una volontà crudele o preordinata, ma sarebbe stato travolto dal peso di un’esistenza basata su menzogne e da una gravidanza indesiderata che minacciava l’immagine “perfetta” che voleva dare di sé.
Nel documento di 25 pagine, in possesso dell’Adnkronos, si ricostruisce la giornata del delitto, avvenuto dopo un incontro tra Giulia e l’altra donna con cui Impagnatiello aveva una relazione parallela. Quel confronto, avvenuto vicino al luogo di lavoro dell’uomo – descritto come “ambiente intoccabile” e legato alla sua “personalità narcisistica” – avrebbe mandato in frantumi il “castello di bugie” costruito dall’imputato, che poche ore dopo avrebbe aggredito mortalmente la compagna.
La linea difensiva
Per l’avvocata Geradini, non ci sarebbe prova concreta della premeditazione. Gli elementi indiziari – come il tappeto e il divano protetti per evitare tracce di sangue – non sarebbero sufficienti, così come la ricerca su Google “ceramica bruciata vasca da bagno”, effettuata troppo a ridosso dell’omicidio.
Inoltre, le azioni successive al delitto – come l’acquisto della benzina e di un carrello per spostare il corpo, o i tentativi maldestri di occultamento – sarebbero frutto di un comportamento “goffo e disorganizzato”, non di un piano lucido.
Particolare attenzione viene dedicata al tema del veleno per topi, che Impagnatiello avrebbe somministrato a Giulia nei mesi precedenti. Le ricerche effettuate online, sostiene la difesa, erano “esclusivamente” finalizzate a causare un aborto, non a uccidere la compagna.
Per l’imputato, il figlio in arrivo rappresentava un ostacolo alla sua carriera, alla relazione extraconiugale e persino all’acquisto di una casa. Tuttavia, sempre secondo la difesa, la sua ossessione per l’immagine pubblica gli avrebbe impedito di chiedere apertamente un’interruzione di gravidanza.
Nessuna crudeltà?
Quanto all’aggravante della crudeltà, l’avvocata sostiene che Giulia sarebbe stata colpita alla schiena e non avrebbe avuto il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo: “Se si fosse accorta dell’aggressione, avrebbe tentato di difendersi, e sul corpo ci sarebbero segni di difesa”.
Per la difesa, dunque, Giulia non avrebbe avuto piena consapevolezza del fatto che stava per morire assieme al bambino.
La richiesta di attenuanti
Infine, l’avvocata chiede il riconoscimento delle attenuanti generiche, sottolineando che Impagnatiello avrebbe subito manifestato pentimento e chiesto scusa alla famiglia della vittima.
Durante il processo, si sarebbe sottoposto a un lungo esame in aula, nel quale avrebbe ammesso le proprie fragilità e analizzato la rete di menzogne in cui era rimasto intrappolato.
Ora spetterà alla Corte decidere. L’accusa sarà rappresentata dalla sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri. Possibile che la sentenza d’appello venga pronunciata già nella stessa udienza.
