23 Novembre 1980, il terremoto in Irpinia: un disastro vivo più che mai nella memoria



23 novembre 1980 terremoto dell’Irpina, disastro ambientale che colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale e costò la vita a ben 3 mila persone. Un evento tristemente ricordato non solo per i danni causati ma anche e soprattutto per i mancati soccorsi, arrivati in notevole ritardo.

In una tranquilla domenica pomeriggio del 23 novembre 1980, alle 19.34, una violenta scossa di magnitudo 6.9, della durata di circa 90 secondi e con ipocentro di 30 km di profondità colpì duramente le province di Avellino, Salerno e Potenza ed in parte anche Napoli. Ben 679 Comuni furono coinvolti. Le scosse rasero al suolo case, scuole, ospedali ed interi borghi.

Purtroppo i soccorsi non furono tempestivi: all’epoca la Protezione Civile non era molto organizzata ed efficiente e fu molto difficile raggiungere le zone dell’entroterra con i mezzi di soccorso. Le linee telefoniche ed elettriche furono bruscamente interrotte e la rete ferroviaria smise di funzionare nell’immediato.

La popolazione, in preda alla paura ed al panico, in mancanza di una guida, scappò provocando il blocco di tutte le strade principali. Resti di copri umani continuarono ad emergere dalle macerie anche parecchi giorni dopo. La situazione d’emergenza fu gestita molto male, tra caos e disordine. Le aurorità locali sembravano del tutto impotenti ed incapaci di prendere provvedimenti per salvare la vita di milioni di persone. I sopravvissuti continuarono a chiedere aiuto e viveri, che fortunatamente arrivarono da Firenze, Roma, Bologna , le prime città che si mobilitarono in tempo.

Il presidente della Repubblica Italiana, Sandro Petrini, fu il primo a denunciare tale situazione, recandosi sul posto in elicottero, affermando che i soccorsi arrivarono con ben cinque giorni di ritardo. Il 26 novembre lanciò un messaggio in televisione “Qui non c’entra la politica, qui c’entra la solidarietà umana, tutti gli italiani e le italiane devono sentirsi mobilitati per andare in aiuto di questi fratelli colpiti da questa sciagura. Perché credetemi il modo migliore per ricordare i morti è quello di pensare ai vivi”.

Tre giorni dopo, Il Mattino di Napoli, in un suo articolo, pose l’attenzione su questa questione. I telegiornali non erano stati in grado di fornire subito notizie certe e chiare sull’entità del disastro. Dopo i sopralluoghi in elicottero, si ebbero i primi resoconti.

A tanti anni dal disastro, non sufficienti a dimenticare il dolore, la paura, lo sgomento di quegli attimi di terrore, da cui è scaturito un vero e proprio scandalo politico.


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