Medicina Vanvitelli, esami in sede durante l’emergenza Covid: studenti in rivolta

Foto: http://www.medicina.unina2.it/


È un disagio enorme quello che molti studenti di Medicina dell’Università Vanvitelli, sede di Napoli, stanno vivendo. L’ateneo, infatti, ha deciso che gli esami ripartiranno da lunedì 6 luglio ma dovranno essere fatti in presenza, un problema insormontabile per tanti fuori sede che non possono materialmente raggiungere le aule a causa dei protocolli in materia di contenimento del coronavirus, oppure perché sono affetti o vivono con persone che hanno patologie o sono immunodepressi.

La circostanza più grave, tuttavia, è che sono state prese decisioni che riguardano direttamente gli studenti senza che costoro venissero interpellati, anzi, sono stati anche sostanzialmente ignorati quando hanno cercato di esporre le proprie ragioni. Lo scorso 15 giugno è stato inoltrato un documento (di cui inseriamo una copia alla fine dell’articolo), indirizzato al Magnifico Rettore, al Pro-Rettore Vicario, al Presidente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di Napoli, al Presidente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia di Caserta e al Preside della Scuola di Medicina e Chirurgia in cui si chiedeva un ravvedimento in favore dello svolgimento degli esami in via telematica fino al termine dello stato di emergenza fissato per il 31 Luglio 2020, come da precedente disposizione dell’Università stessa e nel rispetto dei decreti ministeriali” oppure, in alternativa, una comunicazione ufficiale “che attesti di andare contro il decreto vigente, di garantire il massimo della sicurezza possibile […] così da non incorrere nel rischio di scaricare agli studenti le eventuali problematiche”. Documento ufficiale chiesto allora affinché l’Università si assumesse le proprie responsabilità, data la posizione a quanto pare inamovibile che ha assunto, ma in tutta risposta è stato imposto agli studenti l’obbligo dell’autocertificazione. 

Tra le motivazioni fornite dagli studenti c’è la seguente, che ci sembra estremamente ponderata e ragionevole: il corso di laurea in Medicina e Chirurgia, in particolare, è la facoltà a maggior rischio di contagio, considerate la professione dei docenti e la collocazione delle aule universitarie in prossimità o addirittura, all’interno di strutture ospedaliere”. È bene ricordare, a tal proposito, che a marzo un docente della Facoltà di Medicina della Federico II ha saputo di essere positivo al Covid-19 dopo aver svolto gli esami in sede, un rischio che alla luce di quanto avvenuto durante l’emergenza è assurdo correre ancora oggi.

Il documento in questione è stato firmato da 725 studenti in 48 ore, considerati però troppo pochi. Si legge nel resoconto di quando avvenuto durante la riunione del Senato Accademico in data 29/06/2020: “il numero di firmatari, a fronte di tutti gli studenti dell’ateneo è davvero esiguo, pertanto vale la forma del silenzio assenso”. Gli studenti segnalano, inoltre, che appena è stato reso noto sul gruppo universitario che era possibile guardare il video della riunione del Senato, questo video è scomparso nel nulla.

Sempre nello stesso resoconto si legge che sarebbe stato istituito un fondo per il rimborso spese (in base ai km) destinato agli studenti che arrivano da lontano e che si recano a fare gli esami in sede con mezzi propri. Fondo richiesto a gran voce di 100 mila euro”. Fondo, tuttavia, assolutamente teorico in quanto ad oggi, giovedì 2 luglio, non è giunta alcuna ufficialità e ricordiamo che gli esami sono previsti per il giorno 6, ossia tra 3 giorni. Questo significa che gli studenti dovrebbero anticipare delle spese, a volte davvero importanti (si pensi a treni o voli in partenza da altre regioni o altre nazioni, in certi casi) senza la garanzia di rimborso effettivo. Il che è assurdo dato che nel resoconto, successivamente, è scritto che “Tutto verrà svolto nel massimo dell’agio, niente avvisi 3 giorni prima”. Ebbene, mancano proprio tre giorni.

Tornando al nodo degli esami in presenza, si precisa che “Resterà valida la possibilità di svolgere esami in modalità a distanza, qualora la capienza delle aule non sia sufficiente a soddisfare il numero di studenti prenotati. Sarà a cura del dipartimento organizzare gli esami in tal senso. La modalità telematica è prevista anche in casi particolari, tutti da dimostrare con apposite certificazioni. La modalità preferita rimane comunque quella in presenza”. L’Università, quindi, non solo predilige gli esami in presenza nonostante la fine dell’emergenza sia ancora lontana, ma accolla agli studenti l’onere della certificazione in caso di richiesta di svolgimento per via telematica concesso solo in casi particolari e non meglio specificati. I ragazzi si trovano a questo punto nella confusione più totale e nell’ansia di conoscere quale debba essere il proprio destino, ripetiamo, a tre giorni dalla data fatidica del 6 luglio.

Se l’Università Vanvitelli ha deciso di interrompere la modalità di svolgimento online degli esami, la Federico II l’ha invece prorogata. Gli studenti della Vanvitelli non capiscono quindi perché la loro Università non possa agire in modo simile. Sembra proprio una mancanza di buon senso, prima che di umanità vera e propria. Qual è infatti l’interesse a svolgere tassativamente e ad ogni costo le prove dal vivo, posto che l’emergenza sanitaria è stata fissata dal Governo, al momento, fino al 31 luglio?


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