Referendum, stravince il “Sì”. Sud penalizzato in favore del Nord: che cosa cambia


Il Referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari ha visto una schiacciante vittoria del Sì, con circa il 70% dei voti, contro il 30% circa dunque del No. Un referendum che era stato promosso dal Movimento 5 Stelle, il quale, tuttavia, esce con le ossa rotte da questa tornata elettorale dove ha raccolto decisamente poco. Un giudizio sull’operato al governo? Non lo sappiamo, anche perché i grillini hanno storicamente dimostrato di essere più forti alle politiche.

REFERENDUM COSTITUZIONALE: COSA CAMBIA CON LA VITTORIA DEL SÌ

Con la vittoria del Sì al Referendum, i componenti del Parlamento scendono da 945 a 600 unità, più i senatori a vita. Il taglio non avverrà subito, ma dalla prossima legislatura, ossia dal 2023 se non si andrà ad elezioni anticipate. A cambiare è soprattutto il peso delle regioni, con un Sud più penalizzato rispetto al Nord. Alla Camera dei Deputati il loro peso resta sostanzialmente invariato, al Senato invece si pone il problema.

Le regioni del Nord passano da 140 su 315 a 91 su 200, passando allora dal 44,4% al 45,5%. A beneficiarne sono Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli, che dal 12% passano ad un peso del 13%. Le regioni del Centro eleggeranno 38 senatori su 200 contro i 61 su 315 attuali, quindi dal 19,4% al 19% perdendo lo 0,4%.

Il Sud fino ad oggi ha eletto 108 senatori di 315, ma con la riforma passa a 67 su 200, ossia dal 34,3% al 33,5% (-0,8%). La circoscrizione Etero guadagna lo 0,1%.

Come si vede dai dati, quindi, il cambio di peso delle regioni in percentuali risulta abbastanza contenuto, eppure è ancora una volta il Mezzogiorno a subire la perdita peggiore. Con numeri così ridotti, anche un solo senatore può fare la differenza. Quando c’è da togliere qualcosa, guarda caso al Sud si toglie sempre qualcosina in più, ma stavolta non ci sono scusanti: gli elettori del Mezzogiorno hanno votato per il Sì in massa, più di quelli del Nord.


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