Le carne lavorata è cancerogena: questi i risultati OMS


Di recente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato la nuova tabella per quanto riguarda i rischi cancerogeni della carne: i risultati sono stati riportati dalla rivista The Lancet Oncology e derivano dalle analisi di uno gruppo di scienziati che hanno vagliato circa 800 studi diversi, effettuati nei vari continenti, circa il rapporto tra il cancro e il consumo di carne rossa.

Lo Iarc (International Agency for Research on Cancer) ha suddiviso le diverse tipologie di carne in 5 gruppi, rispetto alla pericolosità che presentano per l’essere umano:

  • Il gruppo 1 contiene i carcinogeni umani certi
  • Il gruppo 2A comprende carcinogeni probabili per l’uomo
  • Il gruppo 2B riunisce i carcinogeni possibili
  • Il gruppo 3 comprende le sostanze non classificabili come carcinogene
  • Il gruppo 4, infine, raggruppa sostanze (una sola) probabilmente non carcinogene per l’uomo.

E, in merito a tale raggruppamento, è importante fare una netta distinzione tra carne rossa e carne rossa lavorata o processata: la carne rossa fresca appartiene al gruppo 2A e vi fanno parte manzo, agnello, maiale e cavallo; mentre la carne lavorata è quella che viene sottoposta a particolari trattamenti per la conservazione, quindi può essere processata con elementi chimici, o semplicemente salata, essiccata o affumicata, come salsicce, wurstel e bacon. Queste appartengono, secondo il report, al gruppo 1. Alla pari dunque di alcol e sigarette.

Gli scienziati, infatti, sono d’accordo sul fatto che il consumo sistematico o comunque quasi quotidiano di carne rossa può portare diverse patologie come diabete, obesità, cancro e problemi cardiovascolari.

Le conseguenze cancerogene riguarderebbero cancro al pancreas, alla prostata e all‘intestino e solo 50 grammi di carne lavorata al giorno, ossia l’equivalente di una salsiccia, aumenterebbe del 18% la probabilità di riscontrare un cancro al colon. «Per una persona, il rischio di sviluppare cancro all’intestino a causa del consumo di carne processata resta piccolo, ma aumenta in proporzione alla carne consumata», ha dichiarato il dottor Kurt Straif, capo dello Iarc Monographs Programme.  

COSA RISPONDE L’INDUSTRIA DELLA CARNE

La risposta, tempestivamente prevedibile, è arrivata con un comunicato stampa di Barry Carpenter, presidente e amministratore delegato del Nord American Meat Institute (NAMI), i produttori di carne statunitensi:

«Se questa è davvero la decisione di IARC, semplicemente non può essere applicata alla salute delle persone perché considera solo un pezzo del puzzle: il pericolo teorico. Rischi e benefici devono essere presi in considerazione insieme prima di dire alle persone con mangiare, bere, guidare, respirare o dove lavorare». 

l’industriale americano affida la difesa dell’industria della carne all’aggettivo Teorico accostato a pericolo, come se solo sulle carte esistessero morti per il cancro derivante dall’abuso di generi alimentari o altro.

Ricorda, tra l’altro le reazioni della Monsanto dopo il report dell’anno passato sulla cancerogenicità del glifosato, usato come pesticida nelle coltivazioni. La multinazionale, definì lo studio dello IARC, spazzatura e nominò studiosi privati. Tuttavia, sono ancora numerose le cause legali contro il colosso alimentare.

Senza dubbio, è importante non incorrere a futili allarmismi, cercando anche di fare attenzione alla provenienza della carne, al trattamento che ha subito, a come è stata conservata. “Serve equilibrio” afferma Carmine Pinto, presidente dell’associazione italiana degli oncologi (Aiom).

 

 

 

 


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