Napoli, le prostitute bambine dimenticate


Una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ragazzine di 13 o 14 anni che sono costrette a prostituirsi a qualsiasi ora del giorno, anche alla luce del sole. E’ questa la tragica situazione di molte adolescenti, che molto spesso vengono vendute dalle stesse famiglie che altrimenti non riuscirebbero a comprare nemmeno un pò di pane. A scrivere di questo dramma osceno, che purtroppo per quanto riguarda Napoli si consuma nelle zone del “triangolo della prostituzione”, è il sito Infosannio.wordpress.com:

C’è chi sussurra che sia abitudine degli impiegati di uffici e banche consumare la pausa-pranzo con una visita a qualche ragazzina che batte lungo i viali, in casa o nei sottopassaggi del Centro direzionale di Napoli. Dieci minuti, un angolo remoto, una manciata di spiccioli, e poi si torna a lavoro più rilassati e contenti.

La vera vergogna, però, qui si consuma ogni sera a due passi dalla sede della procura della Repubblica e dal tribunale, a tre passi dal Consiglio regionale e dalla Giunta, a un soffio dal sorvegliatissimo carcere di Poggioreale e da un sacco di enti pubblici, di austere banche e rispettabili istituzioni. C’è chi, spudorato, nega che abbiano 13 o 14 anni. Chi minimizza giurando che si tratta «solo di qualche caso isolato». E chi si consola perché, assicura, «di ragazzine che si vendono in strada pullulano tutte le periferie d’Italia».

UN ORRORE SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI. La verità sull’orrore – che è sotto gli occhi di tutti, in mezzo ai grattacieli e lungo le strade intorno al Centro direzionale di Napoli – la racconta a Lettera43.it Ermete Gallio, 72 anni, un operaio dei limitrofi cantieri dismessi: «Via Brin, via delle Repubbliche Marinare, via Galileo Ferraris: di sera è un brulicare di piccoli corpi alla ventura, di auto che lentamente si accostano, di muti fantasmi che impuniti si appartano».

COME NEGLI AFFAMATI ANNI 50. C’è chi sostiene che nell’area orientale della cottà si viva come nel Dopoguerra, «negli affamati Anni 50, quando le cosiddette segnorine adescavano per un pacco di pasta i soldati americani», continua Gallio. «Ma in realtà ora va molto peggio: la miseria è simile a quella già vissuta, si stanno prostituendo anche molte mamme che non ce la fanno a far la spesa».
Ma le decine di nuove segnorine che ogni sera si vendono sono bambine camuffate da donne, truccate come bambole e svendute al miglior offerente.
«È un fenomeno da brividi: a volte a schiavizzarle sono le famiglie, che le considerano un patrimonio da sfruttare per garantirsi sopravvivenza e qualche capriccio», denuncia l’operaio.

Tredici anni, prostituta e schiava della camorra, Adelaide ha 18 anni e mezzo. A 13 anni è stata offerta in affitto da mamma e papà a un clan dominante che ha cominciato a gestirla. Tutte le sere in strada. Migliaia di incontri. Per anni. Finché è scoppiata.
È malata, depressa, ha tentato tre volte il suicidio. E si è rivolta alle forze dell’ordine.
«Vengono da noi quando ormai sono maggiorenni e non sopportano più i soprusi», spiega Deborah Divertito che opera nel delicato settore dell’accoglienza sociale. «Si tratta soprattutto di ragazze dei Paesi dell’Est europeo, vittime di una tratta che le rende schiave e non ha mai fine».

VENDUTE DAI GENITORI. Per le italiane e le minori rom, l’iter è ancor più tragico. Sono i genitori che, a volte, decidono di vendere le figlie al clan. Che, a sua volta, può decidere di rivenderle ad altri o di ri-darle in affitto perché operino in una zona più remunerativa. E così via, in un tourbillon criminale destinato a crescere loro addosso man mano che le bambine si fanno donne e possono garantire una «più adeguata professionalità» e più lauti introiti.

UN’ATMOSFERA SURREALE. «Il racket della prostituzione minorile è un mondo osceno, blindato, senza pentiti disposti a spifferarne i segreti: vi si annida il peggio della più squallida criminalità», fa notare un inquirente. «Qui al Centro direzionale di sera l’ambiente si fa surreale», conferma Alessandro Gallo, consigliere di municipalità, «nei campetti i ragazzi giocano spensierati a pallone mentre a pochi metri da loro, immobili lungo il marciapiede, grappoli di ragazzine, forse le sorelle o le cugine, aspettano i clienti per prostituirsi».

In molti, dalla Caritas alle coop sociali, si occupano delle prostitute-bambine di Napoli. «Il fenomeno», spiegano gli operatori, «riguarda le famiglie più povere e disgregate, ma si tenga conto che si prostituiscono anche minorenni provenienti da tutte le parti del mondo perché qui è più facile procurarsi documenti falsi, tramite la camorra, e i controlli delle forze dell’ordine restano sporadici».

Costrette a indossare la divisa del clan

Trucco pesante, bocche esagerate, berretto da baseball, telefonino, stelline luccicanti sulle guance, gonna cortissima e bolerino: le tariffe sono basse, l’approccio è penoso, le prestazioni frettolose.
Si accontenta di poco il popolo dei clienti che viaggia su fiammanti Bmw ma anche a bordo di normalissime Panda, Renault Clio, Y 10. C’è chi arriva persino in motorino.

Si dice che i clan abbiano imposto una sorta di divisa da far indossare alla «merce» in esposizione: in blu se appartieni alla mia banda, in arancione se fai parte di un’altra parrocchia.
«È impressionante è la quantità di automobili che bazzicano in zona: via Taddeo da Sessa, via Brecce, via Gianturco. Dal tramonto in poi, sembra di muoversi in una strada shopping sotto Natale», dice ancora Gallio.

PECCATO SENZA CASTIGO. È un peccato senza castigo, preghiera che si fa bestemmia, è silenzio amico di omertà, tutti immersi in un’aria brulicante di copertoni arrosto e cattiveria, di lavatrici sghembe e violenza, di odori acri e cumuli di immondizia che immondi appestano gli abiti e l’anima.
Somiglia, dicono, a un film di Antonio Capuano, il regista di Vito e gli altri che nel 96 rischiò l’accusa di pedofilia per aver raccontato di Pianese Nunzio, 14 anni a maggio.

Niente pentiti, poche e scarne le notizie su chi gestisce l’orrendo business. Ma si sa che a muovere le fila della prostituzione a Napoli sono almeno tre mafie: quella albanese, quella russa, quella nigeriana.
La camorra – su tutti, i clan Mallardo, Ricciardi, Misso e Vastarella – si limita ad affittare le zone, a garantire quiete, a riscuotere le tangenti.

IL SESSO NEI CINEMA HARD. Una fetta rilevante del mercato del sesso minorile di Napoli si consuma nei cinema a luci rosse che pullulano in zona Ferrovia, lungo il corso Meridionale.
È anche qui, nelle salette riservate che hanno alcuni cinema per «garantire la privacy a chi la chiede», che avvengono gli incontri a pagamento fra finti cinefili e ragazzine (e ragazzini) di 13 o 14 anni.

Per poter entrare indisturbati nelle sale a luci rosse le minorenni hanno bisogno di documenti falsi che ci si procura tramite camorra.
Nessun gestore si accorge dell’inganno. Nessun controllo stronca il traffico.

IL TRIANGOLO DELLA PROSTITUZIONE. Gli abitanti del «triangolo della prostituzione» (Centro direzionale, via Ferraris, via Gianturco) hanno chiesto esasperati che «almeno, chi batte paghi una tassa». Una provocazione non raccolta.
Racconta il presidente di quartiere Armando Coppola: «Stiamo chiedendo da mesi al sindaco Luigi De Magistris un sistema di videosorveglianza lungo le nostre strade invase dalla prostituzione minorile: con le telecamere in funzione, sarebbe possibile individuare le targhe delle auto dei clienti e quelle di chi sfrutta le ragazzine. Ma finora il sindaco, nonostante un impegno verbale, non è riuscito a intervenire».

La municipalità ha chiesto anche una più consistente sorveglianza alle forze dell’ordine. «La questura»,  fa sapere Coppola, «ha risposto che è più urgente presidiare le uscite della vicina autostrada. Per impedire aggressioni e rapine».


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