Piero Sabbarese: “Sarò un sindaco in maglietta che scende in strada. Agli Ercolanesi auguro un sogno”
Dic 23, 2024 - Francesco Pipitone
Piero Sabbarese, candidato sindaco di Ercolano
La passione ce l’ha. Piero Sabbarese è il primo candidato sindaco di Ercolano alle elezioni amministrative che si terranno nel 2026: la sua proposta parte da Pugliano, il luogo delle sue radici, ma anche il posto che attualmente assiste ad un’evoluzione molto complessa. L’antica Herculaneum, poi Resina ed infine di nuovo Ercolano, è uno spazio che resiste al tempo e alla furia della natura, risorgendo sulla lava del Vesuvio. Un disastro trasformato in ricchezza: è proprio questo lo spirito dell’ercolanese.
Intervista a Piero Sabbarese, candidato sindaco di Ercolano
Ercolano, un nome così tanto conosciuto nel mondo quanto oggetto oscuro nelle narrazioni quotidiane. Se ne interessa soltanto la cronaca, ogni tanto, quando accade una tragedia o l‘antimafia coordina qualche blitz. Per il resto se ne parla poco, per demerito dei Media ma soprattutto delle amministrazioni che non raccontano la propria terra, non la fanno vivere, non la aprono al resto del mondo. Gli Scavi, il Mav, le Ville Vesuviane, il mercato del vintage sono gioielli straordinari, ma il resto?
Sabbarese è uno dei pochi ercolanesi, almeno tra quelli facente parte delle istituzioni, che conoscono bene la propria città e la sanno raccontare.
“Ercolano è la città con uno dei patrimoni storico-culturali più importanti d’Italia. Se consideriamo l’estensione del territorio per il numero di siti di interesse, siamo pari a Firenze. Non dovrebbe essere governata da un sindaco, ma da un direttore artistico. Questo territorio, ricco di storia, non può essere governato da chi non conosce nemmeno le basi dell’amministrazione. Molti, infatti, nei banchi della maggioranza non sanno distinguere una delibera da una determina e non sono preparati sui fatti della città. Il primo problema grave di questa città è proprio la mancanza di competenza amministrativa, che potrebbe essere risolta solo con un cambio di leadership, magari con il supporto di un partito che promuova questa trasformazione”.
D: Perché ha deciso di fare politica?
R: “Per rispondere a questa domanda devo raccontare la mia storia. Ho cominciato a 13-14 anni, in un collettivo a Piazza Bellini chiamato Alta Tensione, che faceva parte di un movimento più ampio. Dopo, mi sono avvicinato ai collettivi anarchici, entrando nel collettivo Pinelli. Ma dopo i fatti di Genova nel 2001, ho abbandonato la politica. Per quasi dieci anni non me ne sono più interessato, nemmeno leggendo i giornali. Quella generazione ha vissuto il trauma di Genova, dove la verità fu raccontata male. La mia parte è stata vittima, ad esempio nei fatti della scuola Diaz, ma è stata anche carnefice. Quando siamo tornati da Genova, avendo una stampa mediamente politicizzata a sinistra, che in quel momento faceva una battaglia al governo di destra, sono state raccontate storie e verità male. Dopo quell’esperienza, il dubbio e la divisione hanno segnato la mia generazione, e ho deciso di allontanarmi dalla politica fino al 2009”.
“Ma quando la politica la vivi come un vero “apostolato laico”, l’unico strumento che hai per aiutare gli altri è la politica stessa. Nel 2009-2010, ho visto come l’amministrazione di Ercolano ha distrutto la città, soprattutto con la parcellizzazione dei fondi europei: marciapiedi allargati, carreggiate ristrette, negozi chiusi e una città sempre più invivibile. Avendo esperienza nel settore imprenditoriale, questa situazione mi ha colpito profondamente, tanto da decidere di non delegare più e di candidarmi. Io mi sono candidato e sono stato eletto consigliere, ma io non ho scelto di fare il consigliere, è stata la conseguenza delle scelte sbagliate degli altri. Quando mi sono candidato per fare il sindaco non è stata una scelta mia”.
“C’è l’esigenza di portare una proposta diversa in questa città, anche dare la sensazione a un povero cittadino di avere un politico che gli sta accanto e prova a risolvere il suo problema, che non è detto che lo risolva perché ovviamente ci sono problemi che non riesci a risolvere. La gente ti parla di situazioni inimmaginabili, assurde. Però almeno lo ascolti. Il sindaco in giacca e cravatta va bene, ma il prossimo sindaco di Ercolano deve mettere la maglietta e scendere per strada. Il sindaco deve andare a casa delle persone e chiedere perché quel bambino non sta andando a scuola”.
D: Siamo abituati a un racconto secondo cui, per esempio, la camorra a Ercolano non esiste più. Diciamo che, partendo da quel dato, è come se a Ercolano non ci fossero più problemi, come se solo la camorra fosse un problema, come se non si possa ripresentare secondo altre forme. Lo stiamo vedendo in tutti i comuni della fascia costiera vesuviana, perché adesso non c’è più il clan forte come negli anni ’80 o ’90, però ci sono altri fenomeni. È d’accordo?
R: “In questa domanda c’è il cuore di tutta la questione ercolanese. La camorra non è la causa del degrado, la camorra è l’effetto del degrado, dell’abbandono e dell’arretramento dello Stato sui territori, quindi la camorra è un fenomeno che si genera nel degrado sociale”.
“Questa città ha l’8% della popolazione che non ha un titolo di studio, non è mai entrata in un istituto scolastico. Il 22% ha la licenza di scuola primaria, un altro 30% ha la licenza media. Sommando, hai il 60% della popolazione che non è mai entrato in un istituto superiore, non ha un diploma. Questo è il primo dato, è la scolarizzazione. Abbiamo l’indice di vulnerabilità materiale che è 107, tra i più alti del Sud Italia, e certifica la debolezza sociale di questa città: anziani che vivono soli in casa, famiglie di 10 persone in 20 metri quadrati, bambini che non hanno uno spazio dove giocare. Ci sono molte famiglie composte da persone single, quindi sono sole. Non esistono infrastrutture. C’è tutta una serie di elementi che genera il degrado. Poi per non parlare della parte urbanistica di questa città: l’ultimo strumento urbanistico è stato adottato nel 1975, 49 anni fa. Nel frattempo c’è stato un abusivismo spietato e una città che non ha né testa né coda. Poi nelle copertine si dice che a Ercolano non c’è la camorra, ma Ercolano è piena di droga, di ragazzini che non vanno a scuola, di gente che non lavora, di risorse intellettuali che vanno via mentre resta il marcio”.
“La camorra nasce dal degrado, e la politica dovrebbe intervenire prima, a monte. Invece, troppo spesso, la politica stessa genera degrado. Un politico che non conosce nemmeno la differenza tra una delibera e una determina non può rappresentare chi ha una formazione superiore. La politica spesso cerca di mantenere la gente in una condizione di ignoranza per poter continuare a essere eletta. Se la città fosse ben istruita, questi politici non avrebbero più spazio, perché i cittadini saprebbero bene quali sono i loro diritti e doveri”.
D: Il compito della politica però è anche quello di riarricchire un territorio consumato dalla criminalità. Se rimuovi il virus, devi anche curare e nutrire il corpo per farlo riprendere. Non crede?
“Certo, ma il punto è il come. Faccio un esempio: io vengo qua, apro il mio comizio elettorale e dico che riqualificherò Pugliano. Tutti mi applaudono e poi me ne vado. Questo io provo a dire ai cittadini: quando veniamo noi politici, compreso me, a dire ‘Riqualificherò Pugliano’ mi devi fare la domanda: ‘Come?’. Perché i politici si affidano agli slogan. È giusto anche che lo facciano per una questione di comunicazione, ma poi devono studiare le soluzioni. Per cui, se mi viene fatta una domanda specifica su come intervenire sui problemi, io posso avere una risposta. Ma se la domanda è ‘Come sanare il degrado’ allora io dico una cosa sola: scuola, scuola, scuola. Tutto il resto viene dopo. Ercolano soffre una grave dispersione scolastica: 138 segnalazioni annue di bambini che non vanno a scuola. Il degrado sociale e culturale è legato a questo problema, ed è un problema che riguarda anche le generazioni future”.
D: Qual è lo stato di salute delle attività economiche? Che Natale è stato finora?
“Qui siamo a via Pugliano, è vuota, come via IV Novembre, Corso Italia. Dicembre è diventato il mese dove si lavora di meno perché l’ercolanese, quando va a spendere, vuole anche godersi una passeggiata. Visto che Ercolano è morta da questo punto di vista, va a fare shopping in altre città dove sono organizzati i luoghi di aggregazione. Non c’è una programmazione di eventi. Se devo organizzare la stagione balneare, non lo faccio a maggio, ma a dicembre, gennaio. Il Natale lo organizzo a settembre, non a dicembre. Le amministrazioni programmano e soprattutto concertano, coinvolgono le realtà del territorio per venire incontro alle esigenze di tutti e creare opportunità. Tutto questo a Ercolano non esiste”.
D: Qual è il suo augurio di Natale per la città di Ercolano e i cittadini?
“Io penso che le cose belle non capitino per caso. Puoi augurare a qualcuno una cosa bella, ma quella cosa non capita se non la costruisce e non la vuole. Allora se io dovessi fare un augurio a questa città è di non accettare più auguri da nessuno, ma di costruirle le cose. Il riscatto di una comunità si costruisce faticosamente tutti i giorni, lavorando su sé stessi come cittadini e come cittadini all’interno di una comunità. Aprirsi alle opportunità del territorio ma combattere anche le ingiustizie che ci sono. Queste cose mancano a Ercolano, manca il tendere la mano al vicino di casa, non abbandonarsi sempre alle strade più brevi. La strada del riscatto è faticosa e mi auguro per i cittadini, non solo a Natale, una strada diversa dove si costruiscano il presente e il futuro, anche con sudore e fatica”.
“Immagino sotto l’albero di Natale un sogno. Se c’è qualcosa che manca a questa comunità è un sogno, e forse l’orgoglio che serve ad avere un sogno. La gente ha perso un po’ l’orgoglio di essere ercolanese, ma dovrebbe capire che essere ercolanese è un valore aggiunto. Ci sono poche città al mondo che sono sopravvissute alla storia. Auguro quindi di essere orgogliosi e avere un sogno: con entrambe queste cose, questa città vola”.