Storia del Granatello: il luogo più suggestivo di Portici


Nella tradizione artistica e letteraria, spesso e volentieri si parla di “luoghi dell’anima”, ovvero di posti che ci appartengono, che fanno parte della nostra storia di vita, nei quali ci si perde ogni qualvolta ci si ritorna e ci fanno ritrovare la pace e la serenità in un attimo. Angoli di mondo che inducono inevitabilmente alla riflessione, rievocando scene di vita ed emozioni che non dimenticheremo mai ed anche ricordi un po’ tristi, che lasciano ancora l’amaro in bocca.

Ogni cittadino porticese D.O.C ha un luogo dell’anima d’eccellenza: si tratta del bellissimo e suggestivo porto Borbonico del Granatello, che si estende e si affaccia sul mare e le cui origini risalgono ai prosperi anni del Regno delle Due Sicilie. Lì ci si reca per sfuggire al caos cittadino, rifugiandosi nella calma e nella quiete che solo l’odore e la vista del mare possono dare. Il panorama che si erge davanti ai propri occhi e dal quale si scorge Villa D’Elboeuf è davvero mozzafiato. In zona si concentra anche la movida porticese, grazie alla presenza di bar e locali.

Villa D'Elboeuf

Un po’ di storia… 

La storia dell’area del Granatello, così chiamata per la presenza di una piantagione di melograno che si estendeva tra Villa Menna ed il convento di San Pasquale, s’incrocia inevitabilmente con quella della Reggia di Portici: Carlo di Borbone, dopo aver commissionato l’edificazione della storica residenza borbonica, nel 1740 fece costruire un fortino, denominato “Fortino del Granatello”, per impedire gli attacchi esterni dal mare. In quel periodo, l’economia della città di Portici si basava per lo più sulla pesca, attività praticata sul vasto litorale.

Nel 1773 Ferdinando IV, successore di Carlo, decise di dedicarsi ad un progetto davvero molto ambizioso, la cui realizzazione fu molto lunga ed impegnativa, non solo per la tempistica ma anche e soprattutto in termini economici (basta pensare che la cifra totale ammonta a circa 30.000 ducati). Insomma, il sovrano non si accontentava della presenza del fortino, anzi… Pensava proprio in grande! La sua idea era quella di costruire di un vero e proprio porto, con due moli, che furono edificati grazie all’intervento dell’ingegnere S .Carrabba. Fu così che nel febbraio del 1774 iniziarono i lavori, che si protrassero fino al 1780.

Granatello

Purtroppo, diventò uno scalo commerciale, poco dopo la caduta dei Borbone: intorno all’area interessata, furono infatti costruiti dei magazzini e dei depositi, che incrementarono sempre più l’attività mercantile. Il ruolo e l’importanza del porto dunque passarono decisamente in secondo piano. La zona iniziò ad assumere sempre più l’assetto di un’area industriale. In seguito s’incrementò sempre più la rete di scambi mercantili. Le grosse barche a vela, sulle quali veivano trasportati per lo più carichi di olio, grano, agrumi, carbone, legno, calce, pietra lavica e cereali venivano chiamate “gozzoni“.

Il periodo più prospero risale alla Seconda Guerra Mondiale ed agli anni successivi: divenne infatti porto satellitare di quello di Napoli. Un vero e proprio onore, che conferì ancor più importanza alla zona.

Granatello 2

Nel corso l’area degli anni ha subito varie modifiche a causa delle eruzioni del Vesuvio e più recentemente, a marzo, è stato approvato il piano per la riqualificazione del porto. In seguito all’eruzione del 1631, la lava si estese fino al mare, modificando di gran lunga l’assetto del porto. Si trattava di due veri e propri “fiumi” di lava vulcanica, uno dei quali denominato “fiume di fango”, che un tempo era visibile nei pressi del Bagno della Regina. Il secondo “fiume” confluì verso il Bagno Arturo ed il mare, che videro la nascita della cosiddetta Punta del Fico ed alla “chiana sott’acqua”.

Chi di voi non ha ancora fatto una passeggiata nei pressi del litorale porticese, godendo della storica e suggestiva bellezza dell’area del Granatello? 


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