Longola, apre il Parco Archeologico Naturalistico: la “Venezia di 3500 anni fa”


Sabato 3 febbraio 2018 inaugura il Parco Archeologico Naturalistico di Longola, situato nel comune di Poggiomarino e definito dagli archeologi la “Venezia di 3500 anni fa”.

Il programma inaugurale prevede: Ore 10:30 – Taglio del nastro da parte del Sindaco Dott. Pantaleone Annunziata e delle Autorità con Inno nazionale a cura dei ragazzi dell’Ass, Musikarte. Accoglienza e percorsi guidati con visita del Parco a cura dei progettisti. Serra didattica, allestimento mostra fotografica dal titolo “Sarrasti…Poggiomarino” a cura dell’Ass. GAP. Area laboratori: Laboratorio Didattico per bambini dal titolo “Tessendo il passato” a cura dell’Ass. Gruppo archeologico Terramare 3000, percorso fluviale, mostra “Antichi mestieri” a cura dell’Ass. I carri d’epoca. Ore 11:30 – Area birdwatching, presentazione del volume “Itinerari metropolitani”, itinerari UNESCO della Città Metropolitana di Napoli. Seguirà momento musicale dal titolo “Note sparse nel tempo” a cura dell’Ass. Musikarte. Ore 12:30 – Info point: Apertura BUFFET inaugurale. Le visite guidate, i laboratori e le mostre continueranno fino alla chiusura del Parco prevista per le ore 17:00.

I lavori e la scoperta
Come spesso accade, il sito fu scoperto per puro caso. Nel novembre del 2000, in una discarica fra Sarno e San Valentino Torio furono individuati cumuli di terreno di scarto ricchi di resti ceramici, faunistici e lignei, di epoca protostorica e di conseguenza fu avvisata la Soprintendenza archeologica di Pompei (oggi Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei) che subito avviò un’indagine. Arrivò sul posto Claude Albore Livadie, direttore di Ricerca presso il Centro Nazionale della Ricerca Scientifica (CNRS), la quale indagò sulla provenienza del terreno portato come rifiuto scoprendo che proveniva dalla vicina località Longola di Poggiomarino, dove si stava scavando una vasca per la costruzione di un depuratore del fiume Sarno. I lavori furono immediatamente sospesi dalla Soprintendenza e fra febbraio e gennaio del 2001 fu istituito un team di archeologi sotto la direzione della stessa Claude Albore Livadie per effettuare il primo saggio di scavo. Gli studiosi ipotizzano che la zona venne abbandonata a causa di un’alluvione avvenuta all’inizio del VI sec. a.C. e che proprio da questa migrazione unita a quella degli abitanti della valle superiore del Sarno potrebbe essere nata l’antica Pompei.

I reperti
Durante i saggi furono portati alla luce dei reperti di straordinaria importanza e una serie di abitati, sovrapposti l’uno all’altro, databili dal Tardo Bronzo (2000–1750 a.C.) fino agli inizi del VI sec. a.C. attribuiti al popolo dei Sarrasti. La scoperta fu di grande importanza in quanto per la prima volta in Campania erano stati rinvenuti insediamenti di tale continuità e collocabili in una linea temporale così estesa: grazie a ciò fu possibile colmare la lacuna conoscitiva tra le fasi dell’età del Bronzo e la fondazione di Pompei.

L’insediamento
L’insediamento, che avrebbe avuto probabilmente la funzione di porto fluviale sulle rive del fiume Sarno, era caratterizzato da tanti piccoli isolotti sostenuti da palafitte a bonifica, costituite da robusti tronchi di quercia piantati nel fondale melmoso in modo da consolidarlo. I bordi erano raffortati con fusti d’albero infitti verticalmente (successivamente sostituiti da travi squadrate) formando così una rete di canali navigabili. Il legno portato alla luce era in eccellente stato di conservazione e furono rinvenuti resti di capanne e di alcune imbarcazioni.

Ritrovamento
Dal ritrovamento di resti paleobotanici e paleofaunistici fu possibile ricostruire il contesto ambientale caratterizzato dalla presenza di boschi di querce e di abbondante fauna anche selvatica quali cinghiali, orsi, caprioli, cervi ecc. Il tipo di insediamento dimostra che gli abitanti del luogo avevano una buona conoscenza di ingegneria idraulica e una conoscenza dei materiali utilizzabili per costruire le abitazioni: la superficie degli isolotti era stata bonificata e rialzata varie volte durante il corso dei secoli utilizzando tecniche diverse. Per giunta il rinvenimento di numerosi oggetti semilavorati di uso comune e i relativi scarti di lavorazione quali bronzo, ferro, ambra e pasta vitrea, confermava l’attitudine di questa comunità nella lavorazione di tali materiali e allo scambio di beni di prestigio.

Fonte sito web Longola.it
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