Le 5 cose che un napoletano non può non fare o portare al mare


Quando Lucio Battisti cantava la celebre “Non sarà un’avventura“, di certo non si riferiva a una classica giornata a mare trascorsa da una famiglia napoletana. Già, perché il relax, la tintarella, la pace nel bagagliaio di un partenopeo verace in costume ed infradito (o zoccoli) non possono trovare spazio in alcun modo. Meglio badare all’“essenziale”: scorta di cibo stile Pasquetta, l’immancabile Super Santos, ombrelloni e sedie sdraio e soprattutto di plastica (belle resistenti) per definire bene il territorio (nel quale si fa presto a inglobare anche il vicinato), casse e stereo per ascoltare musica neomelodica ad ogni latitudine e, dulcis in fundo, giornale sportivo.

Un assetto da guerriglia alla vacanza rilassante che ovviamente si fonda tutto su una rigida e gerarchica distinzione dei ruoli: la mamma cucina (già dal mattino presto), il papà sistema il tutto in macchina (in seguito fisserà anche l’ombrellone in spiaggia), i bambini (maschi) vanno a comprare il pallone ed il quotidiano e le ragazze si dedicano al dj set.

Solo così una semplice e tranquilla spiaggia libera può trasformarsi in poche mosse in una trincea dietro la quale non si trincera nessuno, perché il napoletano fa tutto alla luce del sole, specie quando si trova in riva al mare.

A cominciare, ad esempio, dal pedalò: lo si affitta solo se lo si riempie – un po’ alla volta – fino a farlo diventare quasi un sommergibile. Magari torna utile anche per raccogliere il solito zio o nonno che “sta facendo le cozze”  su qualche scoglio in mezzo al mare. Giustamente tra le immancabili portate costituite da pizze di spaghetti o maccheroni, lasagne o cannelloni, insalate di pasta fredda, polpette, panini, casatielli e peperoni, salsicce e friarielli, bisogna pur mantenersi leggeri con un po’ di pesce fresco. E poi, per una corretta dieta mediterranea, anche la frutta non va tralasciata: per non sbagliare, mellone rosso” che sbrodola ovunque! Così ci si lava anche un po’.

Anche perché, dopo l’abbuffata marina, per fare il bagno  – parafrasando Alessandro Siani – bisognerebbe aspettare lo sviluppo. Meglio allora provare a digerire con una bella partita di pallone che coinvolge grandi e piccoli, amici e sconosciuti. Si smette solo dopo che ci si è “impanati” per bene con sudore e sabbia, al grido di: “L’ultimo che si tuffa è…”. Qui le varianti sono infinite. Proprio come le giornate al mare dei napoletani, che di fatti terminano al tramonto.


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