I Romani e la cosmetica: l’origine delle maschere e degli scrub


Come sappiamo quella del trucco e della cura del corpo sono senza ombra di dubbio delle arti. Durante la nostra passeggiata nel tempo abbiamo visto come le diverse popolazioni che si sono avvicendate finora abbiano utilizzato e tramandato questa arte. I Romani che ci hanno aperto le porte delle loro toelette, distinguevano quest’arte in “ars ornatrix” e “ars fucatrix”. La prima consisteva nella cura terapeutica della pelle e la seconda l’arte ingannatoria del trucco. Questa distinzione così netta tra questi due mondi della cosmetica, la dobbiamo a Galeno, che separava la cosmetica di pertinenza medica da quella ingannatrice del maquillage, considerato, ça va sans dire, artificio e dissimulazione.

In effetti l’ars fucatrix non era vista di buon occhio e così come in Grecia anche presso i Romani era spesso oggetto di scherno e satira, avallato il tutto dal fatto che gli uomini preferivano tendenzialmente donne dalla bellezza naturale. Addirittura autori come Marziale e Giovenale criticavano aspramente le donne che facendo un uso eccessivo del trucco cambiavano i propri connotati di continuo e radicalmente. Ma di contro, a questa pratica selvaggia del trucco, si affiancavano gli scritti di Plinio il Vecchio che contengono le descrizioni dettagliate di ingredienti, segreti e utilizzi dei cosmetici in voga in quel tempo; come ad esempio crocodilea, la famosa maschera schiarente per il viso a base di escrementi di coccodrillo, i quali coccodrilli seguivano diete rigide a base di fiori ed erbe per attenuare il cattivo odore dell’ingrediente principale delle maschere.

O ancora la pratica dello scrub molto diffusa tra i Romani, gli scrub erano preparati con radice di giglio, semi e miele. E come dimenticare la maschera ideata da Poppea moglie di Nerone, famosa per i suoi bagni nel latte d’asina per avere una pelle chiara, morbida e vellutata. Questa maschera nota come Pinguia Poppea era a base di latte d’asina al quale veniva mescolato a farina di segale e a foglie fresche tritate che poi veniva applicata sul viso e lasciata in posa per un’intera notte. Questa maschera a base di latte contenendo acido lattico appunto, noto sin da quei tempi per i suoi poteri esfolianti era una pratica cosmetica moto diffusa tra le facoltose matrone romane. Plinio elenca nei suoi scritti numerosissime preparazioni per la skincare a base di grassi animali per combattere le rughe, creme a base di lanolina indicata per l’acne o di fiele utilizzato per combattere le macchie cutanee. E ora come allora le donne durante l’applicazione e la posa dei trattamenti beauty ai quali si sottoponevano, indossavano la vescica di un piccolo animale che fungeva da cuffia per evitare che i capelli si sporcassero.

Dunque, dobbiamo a Plinio il Vecchio e alla “Naturalis Historia” se conosciamo le proprietà di erbe e prodotti naturali e a Galeno che ne III secolo d.C. inventò quella che sarebbe poi diventata la base per tutte le future creme per il trattamento del viso e cioè una composizione in parte acquosa e in parte oleosa tenute insieme da un agente emulsionante, una cosiddetta “preparazione galenica!”

E con questo amici al nostro prossimo appuntamento con la bellezza nella storia.


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