Fischi e razzismo, in Italia immaginare uno stadio in festa e senza odio è utopia


Ieri sera la nazionale italiana di calcio è uscita sconfitta da San Siro, battuta 2 a 1 dalla Spagna di Luis Enrique. Una partita che si è complicata già nel primo tempo con i due gol subiti, l’espulsione di Bonucci e diverse occasioni per pareggiare fallite (una su tutti l’errore clamoroso di Insigne).

Una sconfitta che non intacca il morale azzurro, che è arrivata a questo match dopo 37 risultati utili consecutivi ma che dovrà accontentarsi della finalina terzo e quarto posto di Nations League in programma domenica pomeriggio contro la perdente della semifinale di stasera tra Francia e Belgio.

Gianluigi Donnarumma sommerso dai fischi

Quello che più è saltato all’occhio, oltre al risultato e all’amarezza, sono i fischi che hanno accompagnato Gianluigi Donnarumma per tutta la partita appena toccava palla. Il portierone di Castellammare di Stabia non è stato accolto per nulla bene dai sui ex tifosi milanisti, ancora infuriati con lui per il passaggio a parametro zero di quest’estate dal club rossonero al Psg.

Bordate di fischi che non hanno fatto bene né a Donnarumma né a tutta la squadra e che sottolineano ancora una volta una mancanza di sportività e un odio insensato. Fischi che sono arrivati anche durante l’inno spagnolo, una scena davvero deplorevole che il restante stadio ha dovuto coprire con gli applausi, così come ha fatto quando Gigio veniva insultato.

Ma come si può arrivare a fischiare un giocatore della propria nazionale di calcio? Un giocatore che ci ha portato a vincere il titolo di campioni d’Europa solamente pochi mesi fa grazie alle sue parate. Perché il calcio e gli stadi sono diventati una fucina d’odio e di mancanza di rispetto?

Certo siamo in un paese democratico e ognuno è libero di fare ciò che vuole ma, questi atteggiamenti dimostrano ancora una volta quanto manchi in questa società il vero senso dello stare al mondo. Andare allo stadio dovrebbe essere motivo di festa, un luogo dove incitare solo i propri beniamini e gioire per le vittorie della squadra e sostenerla nei momenti di difficoltà.

Invece da anni ormai gli stadi sono diventati solo luogo di lotta, di razzismo e di odio (e non parliamo dei sani sfottò). Si va allo stadio per insultare il prossimo, per sfogare la propria frustrazione nella vita che evidentemente non piace a queste persone. Non ultimo l’episodio becero capitato a Firenze contro Koulibaly e gli altri giocatori africani del Napoli, insultati pesantemente e che ora non entreranno più allo stadio.

Ma in Italia possiamo immaginare uno stadio in festa e senza odio immotivato? Possiamo pensare ad un luogo sicuro per le famiglie e che includa tutti senza discriminazioni? Possiamo pensare al calcio come uno sport che possa cambiare anche il punto di vista della società? Per ora tutto ciò è un’utopia e lo sarà ancora per molto perché per ora la società è questa, la società di oggi odia a prescindere. E nonostante questa gente sia la minoranza, avrà sempre più risalto delle altre migliaia di persone andate allo stadio per ammirare una bella partita di pallone e basta.

 

 

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