La finalità, però, era tutt’altra. Gli abiti, infatti, dopo essere stati raccolti, venivano immessi su un furgone (impiegando, a turno, in cambio di una misera ricompensa, afghani e pakistani richiedenti asilo) e trasportati in un deposito nascosto, per poi viaggiare (con falsi documenti) fino alla provincia di Caserta.
Qui, la “merce” veniva selezionata, divisa per tipologia e poi venduta all’estero, sia in Paesi comunitari che extracomunitari.
Il traffico è stato scoperto dalle fiamme gialle di Gorizia, insospettitesi per questi misteriosi volantini, e attraverso pedinamenti, telecamere e quant’altro, hanno ricostruito le varie fasi dell’operazione.
Dalle indagini è emerso che, dal 2014 al 2016, sono state raccolte 120 tonnellate di indumenti usati, fatturando circa 2 milioni di euro.
Denunciati i due organizzatori della ‘truffa’, residenti tra le province di Como e Monza Brianza, il titolare dell’impresa di trasporto e l’amministratore della società casertana (questi due residenti nel napoletano).