Il boss delle cerimonie ha raccontato il costume di Napoli e della provincia e lo ha fatto nella sua personale, esclusiva e decisamente singolare lingua. Un mix tra dialetto vesuviano, cadenza tipica di Sant’Antonio Abate e uno slang inedito sono stati il tratto distintivo di don Antonio. Il suo modo di parlare è entrato nel linguaggio comune, rivoluzionandolo, contagiando i napoletani e, perché no, anche gli italiani. Un po come era successo per Gomorra la Serie.
Celebre la disputa sul pomellato: il patron della Sonrisa riceve in regalo un pony che definisce “un pono piccolissimo tutto pomellato”, aggettivo che in italiano indica il manto a chiazze bianche e nere del cavallino. Il popolo del web deride il boss dandogli dell’ignorante e sostenendo che non esista in italiano quell’aggettivo, salvo poi scoprire che don Antonio ha clamorosamente ragione.
Nel linguaggio comune entrano anche termini come “a zeffun”, “a beverun”, “a migliara”: nel dialetto di don Antonio, queste espressioni indicano i multipli, sono sinonimi di tanto, troppo, molto. Come del resto era lui.
Immancabile, poi, nei matrimoni al castello, l’augurio esclusivo di don Antonio “Agli sposi per cent’ann’ e sempre in buona salute”.