CAMORRA. Cutolo, miglior pasticciere d’Italia: “Pagavo due clan, questi i soldi richiesti”


Abbiamo incontrato nuovamente Matteo Cutolo, tra i migliori pasticceri d’Italia e proprietario della Pasticceria Generoso che ci ha raccontato cosa vuol dire mandare avanti un’attività commerciale sui territori in cui comanda la criminalità organizzata.

Cutolo eredita non solo la pasticceria del nonno ma anche il pagamento del pizzo. Una circostanza normale ad Ercolano perché  così funzionava all’epoca: “Ho rilevato l’attività di mio nonno tra il 2001 e il 2002 e praticamente ho ereditato anche il pagamento del racket, in quanto l’andazzo ad Ercolano era quello”.

Inizialmente nel comune vesuviano comandava solo il clan degli Ascione, poi è sopraggiunto quello dei Birra ed è a quel punto che le cose sono andate precipitando come ci racconta il pasticciere: “Via IV Novembre segnava la linea di confine tra il clan Birra e il clan Ascione, poiché la pasticceria si trovava in questa zona ed essendo un’attività redditizia pagavo entrambi. I due clan agivano in maniera diversa: i Birra volevano i soldi tre volte l’anno, in occasione delle tre feste comandate: Pasqua, Natale e Ferragosto. Davo 500 euro per volta, quindi 1500 euro all’anno. Gli Ascione invece venivano mensilmente e gli davo circa 100-150 euro. Queste somme sono però frutto di un compromesso a cui ero arrivato perché avevano chiesto il doppio”.

Dopo aver pagato per anni qualcosa cambia. Matteo comprende che le cose non sono più come quando c’era suo nonno: “Prima esisteva effettivamente un codice di rispetto dei camorristi per cui se pagavi ti sentivi quasi protetto. Con il tempo però le cose sono cambiate, il senso di protezione è venuto meno. Nel 2005 mi ruppero la vetrina esterna e mi rubarono tutte le uova. Nel 2007 invece fui derubato del deposito. Prima se succedeva una cosa del genere andavi a raccontarlo ai camorristi e subito spuntava la merce e il colpevole. In quelle due occasioni invece nessuno sapeva nulla. A quel punto ho capito che non ero più al sicuro, ero alla mercè di chiunque. Avevo subito delle violenze nonostante dovessi essere protetto perché pagavo il pizzo”.

Il paradosso di una camorra che dovrebbe proteggerti e invece non lo fa più nonostante tu faccia quello che loro pretendono. Matteo a quel punto decide che deve fare qualcosa, la situazione è diventata insostenibile: “È prevalsa l’idea di lasciare un futuro migliore ai miei figli. Già mi sentivo meno protetto in seguito a questi furti, poi ogni mese mi ritrovavo in negozio sempre persone diverse che mi chiedevano i soldi, non sapendo quasi mai chi fossero. Dunque per questi motivi quando fui chiamato nel 2009 dal Procuratore della Repubblica decisi di denunciare”.

Tra il 2009 e l’inizio del 2010 avvengono centinaia di arresti proprio grazie a commercianti come Matteo Cutolo che iniziano a denunciare. È una onda gigante che trascina con sè quasi tutti i commercianti di Ercolano che comprendono di non essere soli in questa battaglia contro il “Gigante”. Erano 42 commercianti contro 40 camorristi, un caso unico in Italia, in cui i denuncianti erano più dei malavitosi.

All’inizio però le cose sono state difficili per Matteo: «Dopo le denunce è iniziato un periodo buio per me. La sera quando chiudevo la pasticceria qualsiasi motorino che passava alle mie spalle, io avevo paura di voltarmi. All’inizio si, ho avuto tanta paura. L’associazione anti-racket di Ercolano però mi ha aiutato molto in questo. Quando mi iscrissi a gennaio mi resi conto che non ero solo, tanti erano i commercianti che avevano denunciato. A quel punto la paura è iniziata a svanire pensai “siamo 40 commercianti, possono mai uccidere o mettere le bombe a tutti noi?”».

Dopo la paura, dunque, subentra un senso di liberazione, di vittoria, perchè quelle persone che venivano a casa tua a chiederti soldi ora invece sono dietro le sbarre di un carcere. Quella battaglia è stata vinta grazie a loro, a quei cittadini che hanno avuto il coraggio di dire BASTA: “Ercolano rappresenta un modello di come lo Stato riesce a fare qualcosa grazie all’aiuto dei cittadini. Noi siamo stati seguiti dall’inizio alla fine dai carabinieri di Torre del Greco. Ci hanno invogliato a denunciare, ci hanno fatto capire che i tempi erano cambiati. Anche la magistratura ha fatto un grande lavoro. E anche l’associazione anti-racket ci ha dato una grande mano. C’è stato un grande aiuto soprattutto dal punto di vista umano. Quindi denunciate, lo Stato c’è, ci sono le associazioni, e tutte le condizioni per farlo senza avere paura di ritorsioni. Basta con questa omertà, dobbiamo pensare di lasciare ai nostri figli e alle generazioni che verranno un futuro migliore”.

L’hanno chiamato così “modello Ercolano”, perchè tutti gli altri comuni possa seguire il proprio esempio. Se vogliamo che la camorra cessi di esistere dobbiamo essere noi per primi ad agire, a denunciare.


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