Foto. I misfatti sul Vesuvio proseguono: cumuli di rifiuti pericolosi abbandonati


Sembra passato un secolo da mercoledì 5 luglio, quando si è attivato il primo focolaio a cavallo tra Torre del Greco ed Ercolano. Da allora abbiamo assistito, quasi totalmente inermi, allo scatenarsi di un vero e proprio inferno di terra: un totale di otto roghi contemporanei, fiamme a ridosso delle abitazioni, un fronte di fuoco lungo chilometri, alimentato dal vento e sempre più difficile da domare.

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Che esista un preciso disegno criminale, o comunque doloso, dietro le catene di roghi notturni che hanno devastato la nostra terra è innegabile: lo testimonia la sistematicità dei roghi. Contemporanei, di grandi proporzioni, sedati di giorno, ricominciati di notte. Istituzioni lontane, esiguità di uomini e mezzi, fuoco, fumo e paura, il Vesuvio difeso solo dalle poche, coraggiose forze di caschi rossi, cittadini e volontari, la nostra è apparsa come l’ennesima Terra dei Fuochi che nessuno sa difendere.

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E non è un modo di dire: dalle ultime ronde notturne dei volontari sono emersi infatti numerosi cumuli di rifiuti “speciali”, presumibilmente amianto, tubi e canne fumarie in eternit, come si può osservare dalle foto, scattate in zona Cappella Bianchini, località Fosso Bianco a Torre del Greco. Interrati sotto metri di terra, continuano costantemente a bruciare anche a grandi profondità e complice il forte vento di questi giorni, riappiccano i focolai.

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Che il Vesuvio sia da sempre lo sversatoio a cielo aperto della malavita organizzata è un’ipotesi supportata da anni di indagini e incendi boschivi, diverse sono le segnalazioni, anche recenti, di cittadini. Stavolta l’emergenza risulta più grave che mai: a preoccupare non è solo il perenne pericolo di incendio ma la tossicità delle esalazioni che ne conseguono. Non a caso, lo smaltimento di tali rifiuti inplica procedure ad hoc, di competenza dell’Asl, non ancora attivate. In attesa che i rilievi confermino l’entità dei cumuli, è bene ricordare che non esiste una soglia-limite che ne attesti la pericolosità: l’esposizione, anche a una quantità minima, può essere fatale.

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Studi oncologici hanno accertato che la combustione di amianto provochi la formazione del mesotelioma pleurico, responsabile del cancro ai polmoni. Gli effetti dei roghi influiranno sulla salute dei comuni vesuviani per i prossimi decenni. E a giudicare dalle foto di reperto dai volontari, di rifiuti tossici ce ne sono davvero tanti.

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