Giornata del Coming Out, Danilo: “Così ho detto a tutti che sono omosessuale”


Si celebra oggi, 11 ottobre, la giornata internazionale del Coming Out. “Uscire allo scoperto”, per gli omosessuali, è un traguardo cruciale per la propria esistenza. Serenità e libertà personali passano anche per l’accettazione da parte della famiglia e degli amici più stretti. Quindi, nonostante le unioni civili abbiano rappresentato una svolta epocale per l’Italia,  il coming out è sempre un momento di rottura critico nella storia di un omosessuale.

Per raccontarvi cosa si prova quando si “esce allo scoperto”, abbiamo intervistato Danilo Di Leo, il primo sposo gay di Napoli:

– Danilo, essendo la giornata dedicata al Coming Out, ci racconti la tua esperienza? Quando hai deciso di parlarne, con chi lo hai fatto, come hai preso consapevolezza di te stesso?

“Del mio orientamento sessuale ho sempre avuto una certa consapevolezza soprattutto nel periodo dell’adolescenza. Ho sempre avuto il rifiuto di me stesso per paura, condizionato da una società che mi imponeva e che impone ancora oggi una normalità dove l’unico rapporto felice e sano è tra uomo e donna. Quelli sono stati anni in cui mi sono riempito di sensi di colpa ogni qualvolta il solo pensiero andava verso un ragazzo, incolpandomi di essere sbagliato. L’accettazione di me stesso è poi scattata quando ho avuto la consapevolezza che quell’istinto non era più soltanto una cosa fisica ma comprendeva anche l’emisfero della mente e del cuore. Penso che bisognerebbe non parlare solo di omoSESSUALITA ma di omoAFFETTIVITÀ. Il mio Coming Out l’ho fatto a luglio del 2009. Una mia cara amica che aveva intuito il perché dei miei silenzi mi ha chiesto se ero gay e lì tra un pianto e una risata le ho detto tutto di me. Da quel giorno iniziai a sentire la necessità di dirlo alle persone a me più care.

“Non dimenticherò mai quel giorno, io un’amica e le mie lacrime, quelle lacrime di liberazione, quelle lacrime che nascondevo e che da quando ho deciso di renderle pubbliche al mio mondo sono sparite per essere sostituite da un sorriso, quel sorriso che ogni essere umano deve possedere, quel sorriso che rappresenta la libertà di essere semplicemente se stessi, quella libertà che pensavi fossi sbagliata solo perché la società ci insegna così… quella società, questa società che con un sorriso e con coraggio deve cambiare, deve eliminare i pregiudizi e deve smetterla di impedire la libertà ai più deboli”.

2) I tuoi genitori, la tua famiglia e i tuoi amici come hanno reagito? Raccontaci le loro diverse reazioni.

“Con i miei amici é stato semplice, molto semplice. Sia da parte delle amiche che degli amici, con i quali ho stretto ancora di più il rapporto. Avevo l’esigenza di non dover più nascondermi quando uscivo con un ragazzo inventando scuse, ma di essere sincero e loro hanno compreso in pieno. Con i miei genitori è stato un po’ più complicato. Loro avevano paura, paura che io non potessi essere felice, che la mia vita potesse essere più complicata e soprattutto che la gente potesse parlare. E lì ho compreso perché avevano ragione ma essere libero e sincero con me stesso e soprattutto con gli altri è molto più importante”.

3) Cosa ti senti di consigliare a chi non ha ancora il coraggio di “uscire allo scoperto”? Perché è importante fare coming out?

“Fare coming out è molto complicato ancora oggi, nonostante la società è ormai più aperta e consapevole che non esistono leggi sulla propria naturalità. I consiglio è quello di viversi, di essere sinceri con se stessi e con chi ci ama. L’esigenza di fare coming out non è dover dire a tutto il mondo della propria omosessualità, ma non è altro che liberarsi da una maschera. Ovviamente nessuno è obbligato a fare coming out ma a quel punto mi chiedo Chi vorrebbe vivere una vita intera recitando?! Senza avere la libertà di piangere con un amico o la felicità di raccontare il proprio amore alla propria mamma”.

4) Alla luce delle tue esperienze, quali sono i problemi maggiori per gli omosessuali?

“I problemi maggiori, il problema maggiore secondo me è la PAURA. La paura dell’omosessuale di non essere compreso e accettato, la paura di perdere gli affetti e i rapporti di una vita. Meno di una settimana fa, attraverso l’associazione Arcigay Napoli, dove sono volontario, ho ricevuto la telefonata di un ragazzo che aveva paura di doversi dichiarare. Il punto è che ci si sente diversi e soli dal resto del mondo. Il problema degli omosessuali è prima di tutto l’accettare che il loro orientamento non è nulla di innaturale e sbagliato. Finché non ledo la libertà e la dignità di nessuno ho il diritto di vivermi la mia di libertà, la mia normalità, la mia vita sentimentale e mentale prima che fisica”.

5) Ci siamo sentiti pochi giorni dopo la tua unione con Antonello: cosa è cambiato tra voi ma soprattutto cosa è cambiato nell’opinione pubblica con le unioni civili?

“In questo anno di unione civile non ho trovato nessun problema né burocratico né di civiltà. Con orgoglio presento Antonello come mio marito e con ancora più orgoglio i miei amici e le mie amiche lo presentano ai loro partner come il marito del loro amico. Tra me e Antonello non è cambiato assolutamente nulla se non aver l’impegno di cucinare, di fare la spesa, di pagare le tasse, siamo sempre noi con i nostri litigi e il nostro amore, con l’unica differenza che siamo riconosciuti coniugi nella nostra carta d’identità. E così come a noi, mi pare che a nessuno sia cambiato qualcosa, il cielo è sempre blu, la terra è sempre rotonda, gli uccellini volano e i cani abbaiano anche con le unioni civili”.


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