Scattata la foto del buco nero. Tra i collaboratori c’è una docente della “Federico II”

Foto da Nasa.gov


Per la prima volta ieri abbiamo visto le immagini del buco nero. Si tratta di un buco nero supermassiccio equivalente a 6.5 miliardi di masse solari che si trova a 55 milioni di anni luce dalla Terra, al centro della galassia Messier 87.

Il buco nero è un corpo celeste che presenta una curvatura spaziotemporale che non lascia sfuggire né la materia, né la radiazione elettromagnetica e nemmeno la luce.

Attorno al buco nero è presente l’orizzonte degli eventi, la superficie sferica chiusa contenente l’oggetto massiccio e che delimita la regione dello spazio dalla quale non può uscire alcun segnale.

L’immagine dell’orizzonte degli eventi del buco nero supermassiccio è stata ottenuta grazie ai radiotelescopi dell’Event Horizon Telescope al cui evento hanno collaborato anche scienziati italiani, ricercatrici dell’Infn, Istituto nazionale di fisica nucleare e dell’Inaf, Istituto nazionale di astrofisica. Nel gruppo dei collaboratori era presente anche una docente della Federico II di Napoli.

Nell’immagine si vede l’ombra del buco nero, visibile grazie alla materia attratta al suo interno che, riscaldandosi, emette una luce parzialmente osservabile attraverso i radiotelescopi, permettendoci dunque di vedere la zona dell’ombra del buco nero.

Questa “fotografia” è un dato fondamentale per la scienza, poichè permetterà di studiare a fondo un fenomeno che prima non si conosceva così bene, in modo da poter confermare o confutare le teorie relativistiche della gravitazione, proprio come afferma Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice dell’Infn e docente di astrofisica presso l’Università degli studi di Napoli Federico II e membro della collaborazione Eht coordinatrice del gruppo di analisi teorica dell’esperimento a La Repubblica:

Questo straordinario risultato non solo ci regala la prima immagine di un buco nero, ma ci fornisce anche una prova diretta della presenza di buchi neri supermassicci al centro delle galassie e del motore centrale dei nuclei galattici attivi. Dal punto di vista concettuale, il risultato rappresenterà uno strumento formidabile per studiare, confermare o escludere le varie teorie relativistiche della gravitazione formulate a partire dalla Relatività generale di Albert Einstein“.


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