Mattarella a Portici, lettera di un giovane napoletano: “Ci aiuti a non lasciare il sud”


La notizia della visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Portici, in occasione dei 180 anni della prima ferrovia d’Italia Napoli – Portici, è stata accompagnata da qualche polemica.

A partire dallo striscione di 10 metri apposto dal Movimento Neoborbonico sul corso Garibaldi ricordando il degrado moderno nel quale versano i resti della stazione della prima ferrovia inaugurata da Ferdinando II di Borbone il 3 ottobre del 1839.

Emilio Caserta, giovane napoletano, ha scritto una lettera al Presidente Mattarella che raggiungerà Portici oggi 5 ottobre 2019.

All’attenzione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Egregio Presidente,
mi chiamo Emilio Caserta e sono un giovane Napoletano (Porticese per essere più precisi); so che lei sarà di nuovo nella mia amata Portici, domani 05/10/2019 per ricordare agli italiani uno dei tanti primati del Sud preunitario, i 180 anni della prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, per volere del “Re dell’orgoglio” Ferdinando II di Borbone, di cui per altro quest’anno (non) si ricordano i 160 anni dalla sua morte.
Mi sono permesso di scriverLe questa lettera perchè ci tenevo a ringraziarLa per il suo interessamento alla mia terra, alla mia gente, tanto da tornare spesso a Napoli per eventi di grande rilevanza o per interventi nei momenti di grande dolore (ultimo quello della nostra piccola Noemi). Inoltre due anni fa, durante l’inaugurazione al nuovo museo di Pietrarsa, disse che era un luogo che toglie il fiato, come di fatto lo è da sempre tutta Napoli, tanto che i Greci vennero qui al Sud, per fondare la Magna Grecia. Questo suo legame mi inorgoglisce da meridionale perché oltre che uomo delle istituzioni, lei è prima di tutto un Siciliano (un meridionale) e rappresenta quella Sicilia che da sempre ha avuto un legame forte con Napoli.
Anche se spesso ho avuto la percezione che questa terra, pur avendo donato tanto all’Italia non solo negli ultimi 160 anni di unità, ma anche in precedenza con la prima ferrovia, le pensioni, la raccolta differenziata, l’osservatorio astronomico, quello vulcanologico, la prima illuminazione stradale, il reddito di cittadinanza (che di fatto lo stato Italiano ha reintrodotto dopo 158 anni) e, ancora, il teatro, la musica, la letteratura… non viene tanto apprezzata dal resto dei fratelli italiani, quanto invece tende a fare il resto del mondo.
Ancora oggi ci sono problemi evidenti di “convivenza” con chi, solo per fare qualche esempio, specialmente negli stadi, intona gran parte delle volte cori razzisti nei nostri confronti o con quelli che negano ai nostri emigranti di prendere in fitto qualche stanza per salire al Nord e andare a studiare o a lavorare. Questi atti razzisti sempre più impuniti, spesso sfociano anche in azioni violente (ricordo affettuosamente il nostro Ciro Esposito). Problemi che di fatto ci siamo portati anche nella seconda metà dell’800 e in tutto il ‘900. Le chiedo vivamente, ricoprendo Lei un ruolo fondamentale come garante dell’unità nazionale, di mettere fine a tutto questo, per unire finalmente l’Italia, non solo per ciò che concerne la politica (che spesso guarda più agli interessi del Nord più che in egual misura a tutta Italia), ma dal lato umano.
Mi auguro con tutto il cuore che nell’intervento di domani, Lei potrà riconoscere quanto grande fosse il Regno delle due Sicilie, tanto da permetterci questi primati; magari potrà ricordare anche i nostri primi martiri operai della storia non solo italiana, “i martiri di Pietrarsa” (su quelle pietre laviche nell’estate del 1863 c’erano i cadaveri di almeno sette operai napoletani massacrati dai bersaglieri solo perché difendevano il loro lavoro), magari ricordando proprio la grandezza di Pietrarsa che, come ben sa, non era affatto un museo bensì, la più grande fabbrica metalmeccanica d’Italia e che, prima del 1860, occupava 1050 operai mentre l’Ansaldo a Genova ne occupava 480 e la Fiat a Torino non era ancora nata; era il vero cuore dell’industrializzazione della penisola italica, mentre oggi invece non è altro che un bel museo con qualche dipendente napoletano, mentre in tanti emigrano. Magari oggi, dopo quasi due secoli, se la storia fosse andata diversamente, questa fabbrica avrebbe certamente avuto migliaia di dipendenti che costruivano treni (magari ad alta velocità) e magari avremmo visto un Sud meno desolato e più industrializzato, con Matera in testa, che neanche quest’anno (molto speciale per la città), ha visto il passaggio di un treno pieno di turisti o di meridionali tornati per restare.
Con questo suo intervento qui certamente darà voce ad un pezzo di storia cancellato per troppi anni e darà lustro a Portici, vero gioiello delle zone vesuviane, con migliaia di anni di storia.
Le chiedo inoltre se nel suo intervento potrebbe aiutarci a denunciare lo stato di degrado in cui si trova la prima ferrovia di Napoli su corso Garibaldi, quella da cui partì proprio la Napoli-Portici di cui domani ricorderemo il valore. Le nostre istituzioni locali spesso non si rendono conto che recuperare questi grandi siti storici, oltre a portare tanto orgoglio e turismo, porta soprattutto tanto lavoro e qui, ahimè, ce n’è davvero bisogno.
Caro Presidente, faccia in modo che il Sud non venga più abbandonato, che i fondi destinati al Sud (ossia il 34,3%), vadano veramente al Sud e non rimangano invece solo le briciole (ormai Svimez e la commissione finanze hanno dichiarato che al Sud arrivano 61 miliardi in meno ogni anno). Faccia in modo che siano i meridionali a gestire i loro beni turistici e culturali e non aziende estere o del Nord, come spesso accade.
Per piacere, faccia in modo che Pietrarsa possa ripartire, ma non come un semplice altro museo, bensì come l’esempio di quel riscatto del Sud che da tanto tempo aspettiamo, una nuova industria che vede tanti Porticesi, Vesuviani, Napoletani e Meridionali ritornare ad essere padroni del loro destino, e a non emigrare più per portare ricchezze in terre lontane e che finalmente possa di fatto tornare ad essere il simbolo di un nuovo e vero patto “nazionale”.
Noi meridionali, dopo 159 anni di unità d’Italia, vorremmo semplicemente che ci venissero riconosciuti gli stessi diritti, opportunità, strutture, infrastrutture, del resto d’Italia e magari di tutta Europa. Perchè so bene che quella valigia mi sta aspettando dietro l’angolo, come i 20 milioni di meridionali emigrati in questi ultimi 159 anni, ma farò in modo di ritardare il più possibile la mia partenza e di conseguenza il mio definitivo “addio” che questa terra troppe volte si è sentita dire.
Distinti Saluti
Emilio Caserta


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