Operai ‘segregati’ a Melito: l’imprenditore si difende e prepara i contratti


Arriva una buona notizia per i 43 operai ‘segregati’ in una stanza sprovvista di finestre e servizi igienici in una fabbrica tessile a Melito. I dipendenti, tutti a nero, saranno oggi regolarizzati.

La notizia arriva direttamente dall’avvocato Rosario Pagliuca, difensore dell’imprenditore Vincenzo Capezzuto. L’uomo era stato arrestato e accusato di sfruttamento del lavoro, sequestro di persona e intermediazione illecita.

Queste le parole del legale rilasciate all’Ansa:

Saranno regolarizzati i lavoratori ‘in nero’ che, già da lunedì, inizieranno le visite sanitarie. Domenica abbiamo fatto una verifica su tutti gli operai. Infatti ne abbiamo già individuati tre appartenenti a nuclei familiari nei quali vi sono percettori di reddito di cittadinanza. Una circostanza che li ha incentivati a non farsi assumere regolarmente per il timore di perdere il beneficio”.

Una difesa che porta il legale dell’imprenditore a spiegare anche i motivi della scelta di non regolarizzare i dipendenti.

“Le ragioni di impiegare lavoratori in nero vanno ricercate nel fatto che il settore manifatturiero napoletano è ormai la ‘nuova Cina’ per la committenza. La Moreno srl produce per conto terzi prodotti di pelletteria griffati su espressa autorizzazione dei committenti e non capi contraffatti”.

Inoltre l’avvocato specifica come gli operai non siano stati ‘segregati’ ma abbiamo scelto di loro iniziativa di rinchiudersi per non essere scoperti.

“Si è parlato di un sequestro di persone mentre in realtà sono stati i lavoratori che, di propria iniziativa e spontaneamente, si sono rifugiati nell’unico ambiente dove credevano di non poter essere trovati dai carabinieri. Nessuno dei lavoratori in nero è stato costretto dal signor Capezzuto a rinchiudersi nel locale, contrariamente a quanto riferito. Il locale era munito di impianto di illuminazione funzionante, di un telefono fisso collegato sia alla rete esterna che intercomunicante. Quasi tutti i lavoratori erano muniti di smartphone e nessuno ha chiesto aiuto, come è emerso dalle indagini difensive”.

Altre precisazioni vengono fatte dal legale:

“È stato riferito che c’era una donna in evidente avanzato stato di gravidanza e due minorenni: in realtà l’unica persona incinta era alla quarta settimana di gravidanza e nessuno sapeva delle sue condizioni. I minori di 18 anni, anche se in nero, avevano entrambi compiuto l’età per essere avviati al lavoro, come previsto dalla legge sull’apprendistato. Inoltre, la permanenza dei lavoratori in nero nel locale è stata di tre ore e non sei”. 

LA STORIA – I 43 operai erano stati ‘segregati’ dal titolare dell’azienda per sfuggire ai controlli dell’ispettore del lavoro. Tutti italiani e senza un contratto, erano rimasti per sei ore chiusi in una stanza angusta. Tra questi anche una donna incinta e due minori. Scoperti dai carabinieri insieme ad altri 14 dipendenti trovati a lavorare in fabbrica e sprovvisti anche loro di un regolare contratto.


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