“Con 9-10 mila casi al giorno, la sorveglianza non puoi più farla perché non hai la capacità di testare tutti i soggetti a rischio”, spiega il virologo. “Per affrontare un carico del genere servirebbero risorse gigantesche per tamponi, reagenti e struttura. Bisognava contenere il contagio sotto quota duemila. Ci siamo riusciti per un po’, dopodiché la prima linea di difesa è saltata e il sistema è crollato”.
Ora più che mai è necessario far tornare i contagi a un livello sostenibile, applicando una serie di restrizioni che, secondo Crisanti, ci aiuterebbero a contenere la seconda ondata. Il virologo spiega quindi come il nostro paese potrebbe fronteggiare la seconda ondata di covid:
“Prima applicherei con gradualità misure di restrizione accettabili dal punto di vista economico, con una politica aggressiva di identificazione dei focolai e zone rosse. E poi farei un reset della situazione per due-tre settimane, una sorta di pausa di sospensione, non chiamiamolo lockdown che spaventa, implementando limitazioni di movimento alla gente e alle attività.
In seguito, afferma Crisanti, “una volta portata la curva a un punto di sopportazione, ripartirei con la sorveglianza attiva. Un conto è partire da 10mila contagi al giorno e altra cosa sono 50mila, che sarebbe disastroso. Quindi dipende molto dalla dinamica dell’epidemia. Io avevo ipotizzato il periodo di Natale, anche perché in quei giorni le scuole sono chiuse e la vaporiera industriale rallenta. Ma tutto dipende dalle prossime settimane”.