Violenze nel carcere di SMCV, ex detenuto: “Ci hanno massacrato, piangevamo per il dolore”


Hanno fatto il giro del web le scene di violenza consumate all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere, ad oggi accompagnate da un’ulteriore testimonianza di un ex detenuto che ha deciso di denunciare quanto accaduto. L’uomo, tramite un video, ha affidato il suo racconto all‘Ansa.

Carcere Santa Maria, la testimonianza di un ex detenuto

Oltre 50 misure cautelari sono state emesse dal Gip nei confronti di ufficiali e sottoufficiali della Polizia Penitenziaria in servizio quel 6 aprile del 2020. Le persone indagate sono accusate di torture pluriaggravate ai danni di diversi detenuti, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio.

Accuse che sembrerebbero trovare conferma non solo nei video acquisiti dai carabinieri ma anche nelle parole di coloro che avrebbero vissuto sulla propria pelle quella ‘orribile mattanza’, così come definita dallo stesso Gip che ha firmato le misure contro i presunti responsabili.

Stavolta, a raccontare l’accaduto è stato un ex detenuto che, rivolgendosi all’Ansa, ha rivelato: “Il 5 aprile venimmo a sapere, tramite altri detenuti, che nel reparto ‘Da Vinci’ c’era un caso di coronavirus. Non vi dico la paura che abbiamo avuto perché pensavamo di infettarci. Così iniziammo una protesta pacifica con la battitura dei coperchi delle pentole, con le basi delle macchinette del caffè contro le sbarre delle finestre. Abbiamo fatto questo per circa un’ora, poi ci siamo fermati”.

“Il giorno successivo verso le 15.30 vennero nel reparto ‘Nilo’ circa 300 agenti della Polizia Penitenziaria con i volti coperti da mascherine, con scudi e manganelli, in assetto antisommossa. Entravano in 3 o 4 alla volta in ogni cella e ci riempivano di botte. Ad alcuni amici miei gli mantenevano la testa prendevano i rasoi e gli tagliavano la barba. Ci hanno riempito di calci e pugni, per poi buttarci fuori uno alla volta in mezzo al corridoio della sezione. Lì c’erano altri agenti con i manganelli che hanno continuato a massacrarci di botte”.

“Nella mia cella eravamo in 4, ci hanno messi nell’angolo ed hanno iniziato a malmenarci con calci e schiaffi. Fuori c’erano gli agenti in fila a destra e sinistra che con i manganelli ci riempivano di botte, continuando lungo le scale. Abbiamo preso sempre manganellate sia sul pianerottolo sia sulle scale, ci colpivano in testa e dappertutto”.

Le botte sarebbero state accompagnate da espressioni del tipo ‘qui comandiamo noi, voi non siete nessuno’, ‘siete la feccia della società, la monnezza’. I detenuti venivano fatti uscire dalle celle in pochi alla volta, ripetendo la trafila di pestaggi per ognuno di loto: “Dovevamo stare con le mani dietro la nuca e la testa abbassata e loro ci davano schiaffi, cazzotti, manganellate dietro alla schiena. Non so nemmeno io come sono arrivato giù, sulle scale rotolavo a terra e loro continuavano a colpirmi da dietro”.

“A piano terra c’erano una trentina di agenti che appena arrivavi giù ti ammazzavano di manganellate e poi ti buttavano fuori nel cortile. Stavamo tutti quanti ridotti male, tremavamo dalla paura, piangevamo per il dolore. Un mio amico aveva tutta la bocca rotta, con il sangue che usciva. Poi ci fecero risalire verso la sezione e dal piano terra fino al secondo piano continuavano a picchiarci con il manganello. Le abbiamo prese a scendere e a salire. Non potevamo alzare la testa altrimenti ci riempivano di mazzate”.

“Per paura nessuno è sceso giù per farsi refertare. Da quell’episodio nel carcere è cambiato tutto. Io non lo so come ho fatto ad alzarmi dal letto. La conta alle 8 del mattino dovevamo farla come i militari, vicino al letto con le mani indietro. Loro entravano ci guardavano e poi uscivano dicendo ‘ora comandiamo noi, non siete più nessuno’. L’infermiera passava con il carrello dei medicinali e ci dava degli antidolorifici di nascosto perché se la guardia avesse visto credo che sarebbe successo un casino”.

Un incubo che continua a causargli dolore: “Non nascondo che ancora oggi sono traumatizzato. La notte all’improvviso rivivo tutto quello che abbiamo subito e salto dal letto. E’ stata veramente una cosa selvaggia, ci hanno massacrato. Nemmeno gli animali si trattano così”.

Quanto alla decisione di sporgere denuncia ha detto: “L’ho fatto non solo per me ma soprattutto per quelli che stanno ancora là dentro a soffrire senza poter fare niente. L’unica voce sono io, fortunatamente sono uscito. Avevo un po’ paura di fare la denuncia poi però mi sono convinto perché hanno fatto un abuso esagerato. Volevamo che ci facessero i tamponi e chiedevamo delle mascherine. L’amuchina l’abbiamo comprata noi con la nostra spesa, pagando 6 euro per una boccettina piccola. Da quando sono uscito ho dovuto sempre mettere la pomata di ‘voltaren’, invece i ragazzi in carcere non possono fare niente e alcuni stanno anche peggio di me”.


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