Carcere di Santa Maria, ex detenuto in lacrime: “Uno è morto. A un altro misero il manganello nell’ano”


Vincenzo Cacace, ex detenuto del carcere di Santa Maria Capua Vetere, torna a parlare della sua esperienza e delle violenze subite da lui e i suoi compagni, raccontando anche della morte di una persona e di un abuso che si sarebbe consumato ai danni di un altro uomo.

Ex detenuto del carcere di SMCV sulle violenze: “Ci furono anche una morte e un abuso”

Hanno fatto il giro del web le immagini dei pestaggi avvenuti all’interno della casa circondariale ‘Francesco Uccella’. Proprio lì la furia dei poliziotti della Penitenziaria si sarebbe scagliata contro i detenuti della sezione ‘Nilo’, ancora scossi da quanto accaduto quel 6 aprile 2020.

In particolare, l’ex detenuto pestato pur trovandosi sulla sedia a rotelle, ha fornito una nuova testimonianza all’Ansa, dichiarando: “Non ci posso pensare, vado al manicomio. Per me stavano drogati perché non ci si comporta così. Quando ci bloccarono i colloqui abbiamo fatto piccole proteste, delle semplici battiture. Poi abbiamo pulito tutto e ce ne siamo andati nelle nostre celle”.

“Da lì è successa l’ira di Dio, non si è capito niente. Ci hanno presi stanza per stanza. Il primo sono stato io e il mio piantone. Ci hanno buttato fuori e ci hanno fatti ‘come Berry White’ cioè ci hanno massacrati. Una botta l’ho avuta sull’occhio, in bocca poi non ne parliamo proprio. Quando mi hanno dato le prime mazzate in testa non ho capito niente. Ho visto proprio delle nuvole. Ancora oggi mi sto riempiendo di gocce perché non sto più bene. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso”.

“Stavo come sto adesso, sulla sedia a rotelle. Mi hanno cacciato fuori per poi darmi manganellate tutte in mezzo alla testa. Poi sono abbassato e mi hanno colpito dietro alla schiena. Questo quasi per un quarto d’ora. Il mio piantone diceva ‘basta’ e hanno colpito pure lui. Poi sono passati ad altre celle, ci hanno massacrati”.

Racconta che erano presenti diverse figure: “C’erano addirittura l’ispettore, il comandante, la direttrice. Ma che scherziamo? Dicevano ‘qua comandiamo noi, abbiamo preso il carcere in mano’. Il direttore diceva che noi siamo i delinquenti ma loro sarebbero i buoni a trattare così la gente? Ci stavano tutti, anche la direttrice. Avevano tutti i manganelli in mano”.

Fornisce, poi, altri dettagli di quella ‘orribile mattanza’, così come definita dallo stesso Gip: “Un ragazzo è morto, il tunisino. Un altro è stato operato in testa, per le botte che prese lo coprimmo noi. A un altro gli misero il manganello tutto dietro, l’ho visto con i miei occhi. Ci volevano far perdere la dignità ma non l’abbiamo persa”.

“Noi sbagliamo e dobbiamo pagare ma non con la pelle. Mi sono fatto 29 anni di carcere perché ho sbagliato nella vita. Oggi sono felice perché sto con la mia famiglia, mi sto godendo i miei nipoti. In carcere ho tentato 3 volte il suicidio poi ho pensato alla mia famiglia e sono andata avanti. Ho deciso di denunciare quanto accaduto perché voglio i danni morali”.


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