Vaccini anti Covid: quanto siamo protetti e quanto sono efficaci contro le varianti


Secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, condotto negli Usa per quanto concerne l’efficacia dei vaccini a mRNA contro il Covid è stato constatato che: “Durante il periodo di studio di 17 settimane, un totale di 3964 partecipanti hanno contribuito con una mediana di 19 giorni non vaccinati per partecipante, durante i quali sono state identificate 156 infezioni da SARS-CoV-2 con RT-PCR. Un totale di 3001 partecipanti ha contribuito con una mediana di 22 giorni parzialmente vaccinati, durante i quali sono state identificate 11 infezioni confermate da RT-PCR. Un totale di 2510 partecipanti ha contribuito con una mediana di 69 giorni completamente vaccinati, durante i quali sono state identificate  solamente 5 infezioni confermate da RT-PCR”.

Dunque “L’efficacia stimata del vaccino contro l’infezione da SARS-CoV-2 confermata dalla RT-PCR è stata del 91% con la vaccinazione completa e dell’81% con la vaccinazione parziale”. Questi dati rispondono alla fatidica domanda se si può contrarre il Covid nonostante si è vaccinati. Si evidenzia una notevole differenza nello studio, tra le persone non vaccinate e chi invece è vaccinato con entrambe le dosi. Questa è una delle tante prove che confermano l’efficacia dei vaccini e che smentiscono chi pensa il contrario. Ci può comunque essere una percentuale di persone che contraggono il virus nonostante sia vaccinato con entrambe le dosi, ma in forma lieve rispetto a chi non è vaccinato.

Chiaramente, dopo la prima dose si è meno protetti, anche se c’è ancora un buon livello di tutela dalle forme gravi di malattia (arriva all’80%). Se parliamo di forme lievi, dopo la prima dose la protezione va dal 50-60% di AstraZeneca, al 70-75% di Pfizer. Questo vale da almeno due settimane dopo il primo inoculo.

Le varianti possono essere imprevedibili e costituiscono la normalità per i virus. Tutti i virus (come d’altronde anche quello dell’influenza) tendono a mutare per entrare nel corpo dell’uomo o dell’animale e infettarlo. Dunque quando ormai non viene più riconosciuto dal nostro organismo, il virus tende a cambiare forma/struttura e questo genera, come per il Covid, le varianti.

Contro la variante Alfa (dominante in Italia), secondo quanto riportato da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera, con la collaborazione di Sergio Abrignani, immunologo del Comitato Tecnico Scientifico, c’è un buon livello di protezione dalla malattia severa e dall’infezione, invece contro la variante Delta la protezione per i vaccini Pfizer e Moderna scende dal 90-95%, all’85-90%, che vuol dire che si possono infettare il 10-15% di chi è completamente vaccinato. Per AstraZeneca da un livello del 70-75%, si scende al 65-70%. Con una dose soltanto nei confronti della Delta c’è un crollo: con Pfizer si arriva appena al 30% di efficacia e con AstraZeneca al 20%. Quindi si possono infettare il 70-80% delle persone (a due settimane dall’iniezione, perché prima l’organismo è ancora «vergine» dal punto di vista immunologico).

In ordine crescente su una scala da 1 a 100 si può dire che, con la variante Delta, chi non è vaccinato ha zero di protezione, chi ha fatto una dose è protetto al 20-30%, chi è guarito al 60-70%, chi ha fatto due dosi di vaccino è al 70-80% e chi ha avuto la malattia e poi ha fatto il vaccino probabilmente è al 90%, il che risulta la migliore risposta immunitaria.


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