Il testamento di Berlusconi: 100 milioni a Marta Fascina, 30 a Dell’Utri condannato per mafia

Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri


Se la lettura del testamento di Silvio Berlusconi per molti rappresenta soltanto una curiosità, un desiderio tipico delle persone comuni a cui piace fantasticare sui patrimoni da capogiro posseduti da determinate personalità, per altri può essere oggetto di un’analisi più o meno approfondita per cercare di capire alcune dinamiche. E così, se da una parte il lascito di Berlusconi avrebbe chiarito la sorte delle sue aziende, principalmente di Fininvest, oltre a dare una risposta sul futuro della (non) vedova Marta Fascina, dall’altra è servito a misurare l’importanza dell’amicizia con Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il testamento di Silvio Berlusconi: 100 milioni a Marta Fascina e 30 a Dell’Utri

Silvio Berlusconi attraverso il suo testamento ha disposto che la maggioranza di Fininvest sia dei figli Pier Silvio e Marina. Ha inoltre lasciato 100 milioni a Marta Fascina, 100 milioni al fratello Paolo Berlusconi e 30 milioni a Marcello Dell’Utri, conosciuto tra i banchi dell’Università.

L’Ansa ha visionato in esclusiva il testamento di Berlusconi, dove si legge: “Lascio la disponibile in parti uguali ai miei figli Marina e Pier Silvio. Lascio tutto il resto in parti eguali ai miei 5 figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi”. Da tale importo del patrimonio, precisamente dalla quota disponibile, vanno tolti i 100 milioni per Paolo Berlusconi e Marta Fascina e i 30 per Marcello Dell’Utri. Riguardo agli ultimi due, ha giustificato il lascito con “Per il bene che gli ho voluto e per quello che loro hanno voluto a me”.

Dell’Utri, l’amico condannato per concorso esterno in associazione mafiosa

Quello che più risalta è ovviamente la presenza di Marcello Dell’Utri a causa del contenuto dell’accusa con cui gli è stata comminata la condanna, passata in giudicato e dunque definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa. In particolare, l’ex politico e finanche segretario di Berlusconi, ha rivestito secondo i magistrati il ruolo di intermediario tra Cosa Nostra e l’ex cavaliere ai fini della protezione personale di quest’ultimo.

In tale contesto non possono che tornare alla mente le nubi intorno a come si è venuta a creare la ricchezza di Berlusconi, quel finanziamento della Banca Rasini nota per essere stata la banca di alcuni esponenti di Cosa Nostra e perfino di Totò Riina e Bernardo Provenzano, circostanza che emerse il 15 febbraio 1983 con l’Operazione San Valentino. Alcuni vertici della banca furono processati e condannati poiché emerse il presunto ruolo di Banca Rasini nell’operazione di riciclaggio dei soldi della mafia. C’è da dire che Silvio Berlusconi non è mai stato coinvolto in processi che riguardano tali fatti: forse per questo ancora oggi parliamo di ombre che non si sono dissipate.


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