Morte Astori, parla la moglie: “Sarò al processo. Voglio la verità”


Francesca Fioretti rompe il silenzio sulla morte di Davide Astori. Sono passati quasi 3 anni dal quel 4 marzo 2018 che sconvolse il mondo del calcio italiano. Davide Astori, il capitano della Fiorentina, fu trovato morto nella sua camera d’albergo a poche ora da una partita.

All’epoca due medici furono indagati per omicidio colposo ma secondo le ultime perizie la morte del calciatore non si sarebbe potuta evitare. Secondo indiscrezioni diffuse dall’Ansa, la superperizia avrebbe certificato come le aritmie cardiache rilevate nei controlli di routine svolti da Davide Astori dovevano consigliare esami più approfonditi come l’holter cardiaco. Ma anche questo esame difficilmente avrebbe potuto rilevare la cardiomiopatia aritmogena biventricolare di cui soffriva il capitano della Fiorentina.

Infastidita da questi continui cambi di opinione, Francesca Fioretti, moglie di Davide, vuole vederci chiaro e rompe il silenzio sui social riguardo la morte del marito. Queste le sue parole riguardo al processo che si terrà domani 4 febbraio:

In questi anni ho sempre voluto evitare dichiarazioni pubbliche sulla morte di Davide e sul processo in corso. Ho sempre confidato che l’onestà e la pulizia che Davide ha dimostrato fuori e dentro il campo avrebbero portato a risposte altrettanto oneste e pulite. È ancora così, ho ancora fiducia che accada.

Leggo in queste ore notizie che non sarebbero dovute essere divulgate. Resto stupita da questo passo così avventato e dal fatto che venga fornita un’interpretazione parziale e contraddittoria di una perizia medica che rappresenta a ogni modo solo una di quelle di cui dispone la magistratura.

Il processo in corso serve ad arrivare a una verità, che non sarà consolatoria in ogni caso: l’idea che la morte di Davide potesse essere evitata aumenta persino il dolore. Ma se esisteva anche la più piccola possibilità che avesse a disposizione un minuto in più, un’ora in più o la sua vita intera, io credo che quella possibilità dovesse essere esplorata, che lui meritasse di averla e che tutto ciò che l’ha ostacolata debba in caso venire alla luce. Per lui e per evitare che succeda di nuovo.

Nutrivo molti dubbi sull’essere presente di persona alla prossima udienza, ora sento di dover essere lì, a dimostrare simbolicamente, con forza e senza rancore, che è solo in quell’aula che la verità potrà essere accertata, accettata e condivisa. Il passato e il futuro ci chiedono di essere coraggiosi“.

 

 

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