La verità sulle rapine ai giocatori del Napoli


Con la confessione di uno degli ultrà azzurri arrestato dalle forze dell’ordine con l’accusa di rapina, si è scoperto che i furti ai danni dei calciatori del Napoli non erano semplici casi isolati ma furti organizzati con lo scopo di punire i calciatori. I dettagli su IlMattino.it

Le rapine ai calciatori del Napoli non furono episodi isolati, ma il frutto di una strategia orchestrata dagli ultrà per punire i giocatori che non partecipavano alle manifestazioni organizzate da loro. Lo dice il collaboratore di giustizia Salvatore Russomagno, le cui dichiarazioni sono state depositate oggi dal pm Anna Frasca al processo per la rapina del Rolex subita un anno fa da Valon Behrami.

Accusato di avere strappato il Rolex al calciatore è Raffaele Guerriero, che era in aula; il processo è in corso davanti alla IX sezione del Tribunale, collegio C, presieduto da Nicola Miraglia del Giudice.

Il centrocampista svizzero ha riconosciuto in Guerriero l’uomo che gli sfilò l’orologio (il Rolex gli fu poi restituito a Castelvolturno).

«Ho una memoria fotografica – ha spiegato – e ricordo i volti di quelli che mi fanno del male». Viceversa, Behrami ha ribadito di non avere riconosciuto l’altra persona che il collaboratore di giustizia ha indicato come responsabile della rapina, che infatti non è imputata.

Il calciatore ha risposto ad alcune domande sui suoi rapporti con i tifosi, chiarendo che non ha legami diretti con i gruppi ultrà e che preferisce partecipare solo agli eventi organizzati dalla società. Behrami è giunto a palazzo di giustizia intorno alle 9,30, ma ha dovuto attendere circa due ore prima che l’udienza cominciasse. Numerose le persone che lo hanno riconosciuto e gli hanno chiesto di posare per una foto ricordo.


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