La Lombardia in ginocchio vuole ripartire e il Sud muore di un’Italia padanocentrica


La Lombardia è la regione più colpita dal coronavirus, il focolaio d’Italia e probabilmente d’Europa grazie alla partita Atalanta-Valencia del 19 febbraio. I numeri su contagi e morti che ogni giorno provengono da lì sono tragici, in particolare quelli di Milano, che è l’unica città dove l’infezione è ancora fuori controllo. Nonostante ciò, è proprio la regione che più di tutte preme per ripartire: lo ha chiesto il presidente Attilio Fontana che, fatti alla mano, sembra non essere stato in grado di percepire cosa stesse avvenendo quando furono accertati i primi casi di Covid-19. Anziché invitare i cittadini a stare in casa, almeno di attesa di studiare il da farsi, esortava tutti a riempire metro, ristoranti, fare la vita di sempre coniando lo slogan #lalombardianonsiferma. Alla fine l’unica cosa che non si è fermata è il coronavirus, immobilizzando tutta l’Italia.

Certo, i danni economici sono ingenti per tutto il Paese e sono paragonabili a quelli provocati da una guerra. Se vogliamo, però, l’Italia un po’ se l’è cercata perché questa è la conseguenza della politica padanocentrica che, a partire dal primo decennio successivo all’Unità d’Italia, ha costantemente investito soltanto al Nord. Se non fosse stata creata la Questione Meridionale, oggi la nostra nazione potrebbe stare più tranquilla chiudendo Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, con il Centro-Sud a lavorare e produrre anche per i cittadini settentrionali. Oggi l’Italia è nella condizione di non poter aiutare gli italiani se non facendo esclusivo ricorso al debito: forse è tutto il sistema che va ripensato ripartendo proprio dal Mezzogiorno, ma davvero, non solo con gli slogan per poi dirottare miliardi di euro verso le regioni già ricche. È ora che il Sud smetta di essere una colonia interna.

A dare man forte a Fontana è Matteo Salvini. Il leader della Lega Nord dimostra ancora una volta di essere un maestro quando si deve dire il contrario di ciò che si affermava poche ore prima: è passato infatti dal terrorismo al “riapriamo tutto” in men che non si dica. Ad ogni modo Salvini sostiene: “Sono contento che la regione Lombardia abbia dato un segnale di speranza e di ripartenza a tutta l’Italia, ovviamente rispettando le regole di sicurezza per la salute. Penso che restare in casa ancora per settimane, tenere chiusi negozi, uffici e aziende ancora per settimane o mesi, rischi di portare alla morte economica, sociale e culturale il Paese intero. Se la scuola riaprisse l’11 maggio io i miei figli li manderei a scuola, purché siano garantiti sanificazione, distanze e dispositivi di protezione”.

Beh, se deve provvedere Attilio Fontana possiamo dormire sonni tranquilli: dall’uomo che invita tutti a uscire, purché ci si copra la bocca e il naso anche con un foulard, chissà quali geniali idee potrà partorire. Lo stesso uomo che ha inaugurato l’ospedale della fiera di Milano con una conferenza stampa cui hanno partecipato decine di persone. Non c’è che dire, con lui siamo sicuri.


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