Il dolore di chi torna al Nord dopo le feste. Ma eroe è anche chi resta e combatte

Foto: Milano Centrale, pagina Facebook


Con l’Epifania, finite le vacanze natalizie, è tempo non solo di bilance ma anche di bilanci, quelli sull’emigrazione soprattutto giovanile. Per circa due settimane tanti studenti e soprattutto lavoratori emigrati al Nord sono tornati a casa per passare il Natale ed il Capodanno con amici e parenti: strade sempre piene di gente, tanti sorrisi e tanti volti che spesso non vedevamo da anni. Menti e braccia che, per scelta o per necessità, nella calza della Befana hanno trovato anche un biglietto per terre diverse da quella in cui sono nate e cresciute.

Finché si tratta di scelta, nulla quaestio. Il problema risiede ovviamente nella necessità di lasciare la città o la regione cui si è legati per la mancanza di lavoro, una tragedia non solo affettiva, ma anche economica e sociale: in 16 anni, secondo la Svimez, quasi 2 milioni di persone hanno lasciato il Sud, di cui la metà giovani. A partire è principalmente la parte più pregiata della nostra gioventù, ragazzi laureati, con talento e buona volontà, cervelli che potrebbero (dovrebbero) risollevare le sorti di un Mezzogiorno che di questo passo è destinato a morire, di spopolamento e degrado.

Se, tuttavia, spesso si parla di chi parte, un elogio lo merita chi sceglie di restare a combattere. Molte volte si punta il dito contro costoro, accusati di voler restare comodi nella propria comfort zone e poi chi vivrà vedrà. Restare, in un posto che non offre stipendi adeguati, non offre servizi all’altezza, sperando e lottando per cambiare le carte in tavola è a ben guardare un atto eroico. Chi resta tiene viva la speranza che un giorno il Sud possa ripartire, permette al Mezzogiorno di non morire, almeno non ancora.

Chi resta ha a che fare ogni giorno con zavorre quali pregiudizi, degrado sociale ed economico, mancanza di investimenti e infrastrutture, costi maggiori di servizi che al Nord sono più economici (assicurazioni e bollette, per esempio), scarsa propensione all’investimento da parte dei privati che ci pensano mille volte prima di acquistare un prodotto o un servizio. Il cane che si morde la coda, insomma, un problema cui qualcuno cerca di trovare una via d’uscita che all’apparenza non esiste. Il Sud non di chi aspetta i sussidi, il reddito di cittadinanza o tira a campare alla giornata, ma di chi resta e si rimbocca le maniche.

È grazie a chi resta che forse, un giorno, potremo riaccogliere a braccia aperte chi è stato costretto a partire.


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