Scampia non rinasce abbattendo una Vela: tanti i proclami, pochi i progetti

Foto di Cinzia Esposito


In questi giorni si sta procedendo all’abbattimento della Vela Verde di Scampia. Tantissimi i giornalisti presenti sul posto da tutta Italia, e non solo. La Vela Verde, come tutte le altre vele, sono state descritte dai media nazionali come i “simboli del male”, il cuore pulsante di una società malata, quella parte di Napoli che non riusciva a rialzare la testa. Insomma, è per questo che il sistema camorristico è diventato il nuovo stato per quelle zone.

È facile risolvere la questione in questo modo, magari “lombrosianamente” parlando, identificare quelle persone come geneticamente cattive, mafiose ed irrecuperabili. Dopo l’abbattimento di questa vela, e di tutte le altre, finirà il male a Napoli oppure assisteremo a nuovi titoli di giornali, film, serie tv, servizi e libri, che parleranno di “nuove Scampia”, o della stessa che non vuole cambiare?

Ma è veramente così? Le vele sono veramente il male di Napoli o il simbolo del male in assoluto? La storia suggerisce che più di simbolo del “degrado” (come se fosse colpa dei residenti), è il simbolo per eccellenza di “abbandono” da parte dello Stato italiano e dei suoi amministratori.

Gli ultimi dati Eurispes parlano di 840 miliardi di euro che spettavano al Sud dal 2000 al 2017, ma che sono stati dirottati al Nord: cosa non si sarebbe potuto fare con 840 miliardi? È chiaro che se a Napoli arrivano poche risorse, così come al Sud, si cercherà sempre di mettere prima a posto il centro storico, il centro abitato in generale, lasciando in secondo, terzo o quarto piano i quartieri più esterni, periferici, e nel caso di Napoli, ovviamente saranno Scampia, Secondigliano, San Giovanni a Teduccio, Barra e via dicendo.

Non si tratta di essere simboli del male, ma dall’abbandono cosa può venir fuori? Ignoranza, violenza, degrado, e…malavita. Lo Stato, le istituzioni in certe zone, sono assenti per 4 anni e mezzo per farsi vedere solo 6 mesi prima delle elezioni. Le mafie sono invece presenti 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, ad offrire “lavori ben retribuiti”, come ha affermato Gratteri, uno dei migliori procuratori antimafia che il Sud abbia mai avuto; un procurate – pensate-  meridionale, come lo sono stati tutti i procuratori, giornalisti e civili antimafia che sono morti per combattere le mafie al Sud, istituzionalizzate con il nuovo stato Italiano nel 1861, come spesso anche essi hanno ribadito.

Più che simbolo del male, le vele, sono il simbolo di uno dei tanti fallimenti di questo Stato, il quale le costruì negli anni ‘70 e negli anni ‘80 “parcheggiò” al loro interno i terremotati, per poi abbandonarli negli ultimi 40 anni, e preferendo oggi abbatterle, piuttosto che ristrutturarle, cancellando questo ennesimo fallimento.

Non sarebbe stato meglio creare università, scuole, librerie, biblioteche, sedi di associazioni (non solo antimafia), cinema (assenti), teatri, magari recuperando queste vele fatiscenti e degradate con scopi totalmente diversi? Che piani ci sono per il futuro di Scampia? Può essere considerato questo abbattimento come l’inizio della “Rinascita”? O forse Scampia non è mai morta, con i tanti guerrieri che quotidianamente combattono il sistema, da soli, ed abbandonati al loro destino? Lo Stato farà veramente qualcosa?

In prossimità delle lezioni regionali, tanti i politici e aspiranti tali che si stanno presentando giorno dopo giorno, promettendo di venirci a “liberare”, paragonando il centro di Napoli ad un campo Rom, e “sfidando” la Camorra già solo per il fatto di essere a Scampia, pur non tenendo conto che al contrario delle associazioni vere e degli eroi veri di Scampia lasciati soli, questi personaggi hanno centinaia di poliziotti e guardie del corpo a difenderli.

Ma ricordiamoci dove ci troviamo, a Scampia, a Napoli, dove la gente “vale poco” (servono solo per il voto), dove abbiamo la metà dei diritti, delle opportunità, delle strutture, delle infrastrutture, dei trasporti e così via. Dove tanti media, attori, scrittori, giornalisti, hanno fatto la loro fortuna vendendo fiumi di libri, girando serie e film, grazie al degrado presente in queste zone, non contribuendo affatto al cambiamento di Napoli. Conviene al sistema che Napoli torni ad essere una grande capitale, come fu fino all’unità d’Italia?

Non dimentichiamo che, in quelle vele sono passate persone disperate, povere, e che sono servite da manovalanza a quel sistema che “gli offriva un futuro”, e che si sostituiva a quello Stato, probabilmente proprio grazie alle volontà di certi organi statali.


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