La chiesa di San Giorgio Maggiore e il dipinto proibito celato ai fedeli


Napoli, Via Duomo, Chiesa di San Giorgio Maggiore. E’ qui, nel cuore di questo antico edificio paleocristiano, che si cela una delle più importanti e meglio conservate opere del pittore napoletano seicentesco Aniello Falcone.

La Chiesa di San Giorgio Maggiore fu costruita tra il IV e il V secolo su volontà del Vescovo San Severo di Napoli, il che contribuì a conferirle, almeno in un primo momento, il nome di “severiana”. Risalirebbe infatti a un’epoca più recente, ed esattamente al IX secolo, l’attuale denominazione della Chiesa dedicata a San Giorgio Martire.

Nel 1640 un terribile incendio distrusse buona parte dell’edificio, la cui ristrutturazione fu affidata alle sapienti mani di Cosimo Fanzago. Nel corso dei lavori il Fanzago invertì l’orientamento, posizionando l’attuale ingresso in quello che era stato, fino a poco tempo prima, il catino absidale della chiesa.

Nel corso dei secoli l’edificio subì altre modifiche, più o meno importanti, ma risale solo al XIX secolo uno degli interventi più radicali che abbiano interessato la Chiesa di San Giorgio Maggiore. Durante i lavori del cosiddetto Risanamento di Napoli, infatti, l’intera navata del lato destro dell’edificio fu completamente spazzata via per attuare l’allargamento di via Duomo. Ciò conferì all’edificio l’attuale struttura a due navate, quella di sinistra e quella centrale coperta da tre cupole delle quali quella centrale con catino più alto rispetto alle due cupole a scodella laterali.

San Giorgio Maggiore

L’altare maggiore è posto dinanzi a una nuova abside che, di forma rettangolare, è chiusa da due enormi e candide colonne corinzie disposte a semicerchio. Ciò che però più sorprende della Chiesa di San Giorgio Maggiore si trova alle spalle dell’altare maggiore dove è possibile ammirare due giganteschi dipinti di Alessio D’Elia che si fronteggiano. Da un lato, a sinistra, campeggia un titanico dipinto raffigurante San Giorgio che valorosamente combatte contro il drago, databile al 1757. Quest’ultimo sembrerebbe occupare da solo circa quaranta metri quadri della parete sottostante. Dall’altro lato, invece, a destra, troneggia un altrettanto mastodontico dipinto raffigurante San Severo.

San Giorgio

L’opera del solimeniano D’Elia, raffigurante San Giorgio, non è però un dipinto come tanti altri. Le sue mastodontiche dimensioni servirebbero, infatti, anche a celare qualcosa di precedente, qualcosa di maestoso e di proibito. Si tratta di uno dei più imponenti e meglio conservati dipinti falconiani, rappresentante il medesimo soggetto dell’opera che lo cela agli occhi del pubblico.

San Giorgio Falcone

Il dipinto si trova in ottimo stato e presenta vividi colori splendidamente conservatisi, a differenza della maggior parte delle opere falconiane sulle quali appare invece evidente l’inesorabile trascorrere del tempo. Appare chiaro, già a una prima occhiata, che il protagonista assoluto di tale dipinto sia il poderoso cavallo bianco impennato al quale si contrappone un bizzarro drago. San Giorgio, in groppa al candido cavallo bianco, armato di una sola lancia, uccide eroicamente il drago traendo in salvo una terrorizzata fanciulla per la quale sembrerebbe essere stata utilizzata una modella di ispirazione stanzionesca.

San Giorgio Falcone

Sul perchè il dipinto sia rimasto celato per oltre tre secoli esiste una possibile spiegazione nelle tendenze insurrezionali dello stesso Falcone. Quest’ultimo possedeva una bottega a Napoli nella quale accoglieva giovani talentuosi ai quali insegnava le proprie tecniche pittoriche. Tra questi figurano artisti di grande successo quali Luca Forte, Salvator Rosa, Micco Spadaro e Andrea De Lione.

Proprio questi ultimi tre fecero parte, insieme ad Aniello Falcone, di una compagnia da lui stesso creata e chiamata “Compagnia della Morte“. Essa nasceva con l’intento di vendicare l’uccisione di un amico di Falcone attraverso lo sterminio di qualsiasi spagnolo presente a Napoli. Fu probabilmente questo il motivo per il quale le opere falconiane furono bandite. Quando dopo due anni di rivoluzione, infatti, il Regno di Napoli tornò nelle mani degli spagnoli e la “Compagnia della Morte” si sciolse, la bottega napoletana di Aniello Falcone, nel mentre scomparso dalla circolazione, fu immediatamente sostituita con quella di Luca Giordano.


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