“L’ho fatto, mi dispiace”, la tattica della camorra per evitare l’ergastolo


Quanto può essere sincero il pentimento di un criminale dinanzi all’ergastolo? La tattica che gli affiliati alla criminalità organizzata utilizzano per evitare la massima pena, è molto semplice: “Si, confesso di aver commesso il reato. Mi dispiace“. Poche semplici parole pronunciate in aula giudiziaria per avere uno sconto di pena. È quanto accade, spesso, nei processi legati alla camorra. È il caso, anche,di Cesare Pagano, boss della camorra accusato di duplice omicidio.

Pagano, lo scorso febbraio, decise di confessare il reato, dissociandosi dalla camorra e ammettendo di aver ordito quei delitti. Per lui, sconto di pena a 30 anni con attenuanti generiche. Una situazione paradossale, alla quale ha deciso di ribellarsi il pm Stefania Castaldi durante il processo per l’omicidio Montanino-Salierno. Come riferisce IlMattino.it, sono 15 gli imputati, e tutti hanno confessato le loro colpe. Ma per il pm, ciò non è stato sufficiente: 14 ergastoli e detenzione a 12 anni per l’armiere.

Un pugno duro che viene spiegato proprio dalla Castaldi: gli imputati hanno confessato solo “Dopo anni e tante possibilità di farlo prima – fa notare il pm – quando erano ormai coperti da una serie di elementi probatori. La loro intenzione non è solo avere un fine pena ma sperare in una attenuazione del regime carcerario“. Conclude: “La camorra è a vincolo definitivo, l’unico modo per uscirne, se non da morti, è collaborare con la giustizia. Non ci sono altre vie“.


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