Gioacchino Murat: un umile soldato che divenne Re di Napoli


Gioacchino Murat nacque a Labastide-Fortunière il 25 marzo 1767 e fu Re di Napoli durante il cosiddetto periodo del decennio francese, dal 1808 fino al 1815, anno in cui i Borbone recuperarono il regno.

I genitori, Pierre Murat-Jordy e Jeanne Loubières, che svolgevano il mestiere di locandieri, lo spinsero alla carriera ecclesiastica, ma lo stile di vita irregolare ed estremo lo costrinsero a lasciare il seminario per arruolarsi, nel 1787, nei cacciatori delle Ardenne e, in seguito, nel dodicesimo reggimento dei cacciatori a cavallo.

Nonostante le grandi capacità, nel 1789 fu espulso per insubordinazione e fu obbligato a tornare nella casa della sua famiglia dove svolse il mestiere paterno fin quando non si arruolò, per la seconda volta, come guardia costituzionale di Luigi XVI.

Uomo coraggioso e sprezzante del pericolo, pronto a combattere anche quando la situazione era rischiosa, nel 1793 raggiunse lo status di ufficiale, iniziando a collaborare con Napoleone Bonaparte che gli conferì, nel 1796, il grado di generale di brigata.

Tuttavia non dimostrava grandi doti e meriti nell’arte militare e nella presa di decisioni strategiche: “Sarebbe stato meglio che egli fosse stato dotato di meno coraggio e di un po’ più di buon senso” – queste le parole del generale Savary in riferimento al comportamento incauto di Murat nella battaglia di Heilsberg (10 giugno 1807).

Partecipò attivamente al colpo di Stato, attuato da Napoleone, del 18 brumaio 1799 guadagnandosi la nomina di Comandante della Guardia Consolare. L’anno seguente, il 20 gennaio, sposando la sorella minore di Napoleone, Maria Annunziata, conosciuta come Carolina, dalla quale ebbe quattro figli, rinsaldò ancor di più il legame con l’Imperatore.

Nel 1800 fu eletto deputato del dipartimento francese, il Lot, e governatore di Parigi al comando di sessantamila uomini. Nel 1804 ottenne la nomina di Maresciallo dell’Impero francese e, due anni dopo, ricevette il titolo di Granduca di Clèves e di Berg, un nuovo stato costruito a seguito delle modifiche territoriali in Germania, conseguenti alla sconfitta dell’Austria. Successivamente lasciò questo titolo al nipote Napoleone Luigi Bonaparte poiché, nel 1808, per concessione di Napoleone, diventò Re di Napoli.

Accolto in maniera calorosa dai napoletani, era noto al popolo come Gioacchino Napoleone. Durante il suo breve mandato, Murat, con una rapida spedizione militare, cacciò gli inglesi dall’isola di Capri e attraverso un decreto del 18 novembre 1808 istituì il Corpo degli ingegneri di Ponti e Strade – la versione primitiva della Facoltà di Ingegneria dell’Università Federico II di Napoli – e la cattedra di agraria nella stessa università con decreto del 10 dicembre 1809.

Negli anni trascorsi a governare Napoli chiuse l’antica Scuola Medica Salernitana ma, allo stesso tempo, avviò diverse opere pubbliche sia a Napoli – il ponte della Sanità, via Posillipo, nuovi scavi a Ercolano, lavori nella zona dell’attuale aeroporto di Capodichino, conosciuta a quel tempo come Campo di Marte – sia nel resto del Regno.

Murat, il Primo gennaio 1809, introdusse il Codice Napoleonico che legalizzò, per la prima volta in Italia, il divorzio, il matrimonio civile e l’adozione, riforme che come è possibile immaginare non incontrarono il favore del clero.

Oltre alla chiesa anche i commercianti non nutrirono grande simpatia nei confronti del nuovo Re di Napoli, poiché il blocco continentale imposto da Napoleone Bonaparte impediva alle navi inglesi di attraccare in qualsiasi porto dei paesi soggetti al dominio francese. Nonostante ciò, sotto il governo di Murat, il blocco non fu imposto in tutta la sua estensione e per tal ragione nel Regno circolava merce di contrabbando, caratteristica che incontrò il favore popolare.

Nel 1812 partecipò al fianco di Napoleone alla campagna di Russia, lasciando il regno di Napoli nelle mani della moglie Carolina. Tuttavia, giunto a Poznan, lasciò il comando dell’armata francese a Eugenio di Beauharnais per riprendere il suo posto a Napoli. Giunto a Milano l’8 novembre 1813 comunicò all’ambasciatore austriaco di aver lasciato il campo napoleonico e, due mesi dopo, fu firmato un accordo di alleanza fra Austria e Regno di Napoli.

Il trattato di alleanza non fu visto di buon occhio da Napoleone che fuggì dall’isola d’Elba e sbarcò in Francia per riprendersi il trono. Murat, non avendo fiducia negli accordi presi con gli austriaci, con il suo esercito decise di attraversare lo Stato Pontificio arrivando a Bologna. Mandò quindi i suoi ambasciatori a Vienna per confermare la sua fedeltà al trattato, ma gli austriaci risposero con una dichiarazione di guerra e firmarono un accordo con Ferdinando III Re di Sicilia, al quale fu restituito il regno di Napoli, sul quale regnava come Ferdinando IV.

Murat lasciò Napoli e partì per la Francia per combattere gli eserciti dell’alleanza anti napoleonica al fianco di Napoleone. Quest’ultimo, non dimenticando il tradimento subito, rifiutò la sua collaborazione. Murat fuggì dalla Francia, si recò in Corsica ed organizzò una spedizione per riprendersi il suo regno a Napoli: si imbarcò ad Ajaccio il 28 settembre 1815 con 250 uomini, ma a causa di una tempesta che lo dirottò in Calabria e del tradimento del capo battaglione Courrand, sbarcò l’8 ottobre a Pizzo Calabro con soli 30 uomini.

Con estrema facilità fu catturato dalle forze borboniche locali, imprigionato nel Castello Aragonese di Pizzo Calabro e fucilato il 13 ottobre 1815.

Fucilazione Gioacchino Murat

Fucilazione Gioacchino Murat

Con il coraggio che lo contraddistinse lungo tutta la sua vita, si rifiutò di essere bendato e chiese di comandare il plotone di esecuzione. In punto di morte pronunciò queste parole: “Salvate la mia faccia, mirate al mio cuore, fuoco!”. Fu sepolto in una fossa comune nella chiesa Matrice di S. Giorgio a Pizzo Calabro ed attualmente una sua lapide è presente anche nel cimitero del Père Lachaise a Parigi.


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