Policlinico, sacche di sangue bloccate nel traffico: medico lascia sala operatoria per recuperarle


Durante una delicata operazione, il medico coinvolto esce di corsa dalla sala operatoria per andare a recuperare delle sacche di sangue dall’auto di un operatore socio-sanitario bloccato nel traffico. Sembra assurdo ma è successo per davvero questo martedì al Policlinico Universitario della Federico II.

Tra maltempo e conseguenti dissesti stradali e ingorghi, anche la cittadella ospedaliera del “Policlinico nuovo” si è ritrovata, martedì, nel caos totale. Il dottor Dante Dino Di Domenico, l’urologo protagonista dell’avventura sopracitata, stava giusto eseguendo una delicata operazione in una palazzina del padiglione 5 dell’area ospedaliera.

Ma c’è un problema: le sacche di sangue destinate al paziente sotto i ferri erano conservate presso il padiglione 9 e l’operatore socio-sanitario incaricato del delicato trasporto si è ritrovato bloccato nel traffico della zona ospedaliera. Il dottor Di Domenico, allora, ben decide di togliere il camice e tornare in abiti civili per correre tra le auto bloccate nel traffico e recuperare le sacche di sangue di cui il paziente aveva bisogno.

Intanto, i suoi colleghi lo hanno aspettato alla soglia della sala operatoria. “L’altro ieri abbiamo asportato un grosso tumore alla vescica ad un uomo di circa 60 anni, cirrotico e con epatite, affetto anche da un grosso laparocele e da bronchite cronica. Altrove avevano preferito non operarlo, essendoci forti rischi di complicanze durante l’intervento. Con quel tumore, però, aveva un’aspettativa di vita di pochi mesi ha dichiarato l’urologo al Corriere del Mezzogiorno.

Tre le equipe coinvolte nel complicato intervento: una di urologi guidata dal professor Prezioso, una di chirurghi generali guidata dal professor Sodo ed una di anestesisti coordinata da Ornella De Santis.

Il dottor Di Domenico ha raccontato l’operazione e il bizzarro problema successivo: Siamo entrati in camera operatoria alle 7:30 del mattino e siamo usciti alle 16:30. Nel primo pomeriggio, ad operazione in corso, aspettavamo il sangue per una trasfusione, ma le sacche non arrivavano e non capivamo perché.

Mi sono spogliato ed ho detto che sarei andato a prenderle a piedi. Quando sono uscito sul viale del Policlinico ho visto una scena apocalittica. Un unico tappeto di auto ferme. Non si avanzava di un metro. Era come un grande parcheggio.

Ho camminato sotto il diluvio in cerca dell’auto con il sangue. Era ovviamente bloccata anch’essa, impossibilitata a percorrere il tragitto dall’edificio della banca del sangue a quello dove era in corso l’operazione chirurgica. Ho preso le sacche e sono tornato bagnato fradicio in sala operatoria.

Bisognava caricare il paziente in ambulanza per trasferirlo dall’edificio 5 all’edificio 7, dove c’è la terapia intensiva. Una precauzione necessaria per un uomo in condizioni generali critiche. L’ambulanza non arrivava, era anch’essa paralizzata nel traffico.

Abbiamo caricato il paziente appena operato in barella e a piedi lo abbiamo portato all’edificio 7. Siamo passati attraverso i sotterranei, dove sono i locali delle caldaie”.

Il dottore, inoltre, sposta tristemente l’attenzione sulla questione della viabilità generale all’interno del Policlinico: Spiace dover parlare di tutto ciò piuttosto che del successo di un intervento difficilissimo che si spera possa allungare l’aspettativa e la qualità di vita di un signore di poco più di 60 anni.

“Non parlarne, però, sarebbe una omissione. Probabilmente servirebbe un controllo più attento per verificare che davvero tutte le auto che entrano al Policlinico ogni giorno siano titolate a farlo. O, forse, bisognerebbe migliorare il piano di viabilità interna“.


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